Benvenuti in Letteratura e dintorni!

Benvenuti in Letteratura e dintorni!

Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


Vuoi conoscere il gruppo Pennadoca? leggi qui oppure scrivi a uniaperta@hotmail.com

domenica 20 maggio 2012

FACCENDE DOMESTICHE - di Lorella Camporesi



Maria scrollò lo straccio per la polvere fuori dalla finestra e si fermò un istante a guardare con una punta d’invidia le rose che stavano sbocciando nel giardino della vicina, poi tornò rapidamente alle sue faccende: doveva lavare la tenda del soggiorno, quella di pizzo che mostrava con orgoglio agli ospiti, ogni volta che se ne presentava l’occasione. Fatta a mano, all’uncinetto, con tanto amore e tanta pazienza, dopo che Antonio le aveva chiesto di sposarlo. C’era voluta un’intera estate di lavoro, ma il risultato era veramente una raffinatezza.
Salì sulla scaletta di legno che utilizzava per i lavori di casa e cominciò a sganciare il bordo superiore dal supporto. Non c’era fretta, tanto Antonio aveva già telefonato per avvertire che non sarebbe tornato per cena. Un tempo, il pranzo e la cena erano un vero impegno: l’arte di imbandire la tavola, la ricerca di piatti diversi e nuovi ogni giorno, per accontentare e sorprendere dapprima solo Antonio, poi anche sua figlia Alessandra, che era stata sempre di gusti un po’ difficili e da bambina anche inappetente e sottopeso.
Ma ora, ormai, Alessandra si era fatta la sua vita. O meglio, forse stava cercando di distruggersela.

Maria non poteva ancora capacitarsi di come fosse cambiata sua figlia, crescendo: era così carina e dolce, da piccola, con quei vestitini che lei le cuciva personalmente. Poi era arrivata l’adolescenza, i miti americani, quelle orribili lunghe gonne a fiori, quegli assurdi discorsi sull’oppressione delle donne nella società capitalista… finchè un giorno Alessandra aveva avuto uno scontro durissimo con suo padre e aveva accusato lei di essere una stupida oca con il complesso della serva; aveva detto proprio così, ricordò Maria con una fitta di dolore allo stomaco. E se n’era andata. Ora viveva da qualche parte, in una specie di comune o roba simile – che vergogna!
La tenda, completamente sganciata, cadde pesantemente a terra; Maria scese dalla scala e la raccolse, tenendola delicatamente tra le braccia, come si fa con un bambino.
Si fermò ad osservare i soprammobili disposti in ordine sul mobile del salotto: tutti rosa, questa settimana, per festeggiare l’arrivo della primavera. Era un suo vezzo, quello di cambiare periodicamente i soprammobili, intonandoli con il centrotavola e i centrini, per dare di volta in volta un tocco di colore diverso all’ambiente. Faceva un’ottima impressione, quando avevano ospiti. Già, gli ospiti: i primi tempi del loro matrimonio, invitavano spesso a cena gli amici o i colleghi di lavoro di Antonio e altrettanto spesso venivano invitati. Poi, a poco a poco, le cene e le uscite si erano diradate: Antonio faceva spesso tardi al lavoro e quando tornava era stanco. Poi, i ritardi avevano cominciato a prolungarsi anche oltre l’ora di cena.
Era stato in quel periodo che Alessandra aveva cominciato a dare in escandescenze, soprattutto con suo padre. Un giorno le aveva detto, perfino: “Ma perché non lo lasci?”
Una cosa orribile da dire alla propria madre: Maria l’aveva cancellata dai suoi ricordi per lungo tempo, ma, chissà perché, ora quella frase le era tornata in mente all’improvviso, così, mentre teneva tra le braccia la tenda di pizzo fatta a mano.
Il telefono trillò nell’ingresso: all’altro capo del filo, Antonio diceva che avrebbe fatto molto tardi, non era il caso che lei lo aspettasse alzata. Insieme alle parole di lui, le giunse all’orecchio un soffio, forse un respiro.
Quando posò la cornetta, si rese conto che stringeva ancora a sé la tenda e le sembrò l’unica cosa importante nel silenzio della casa. Allora si sedette sul divano del soggiorno, accuratamente protetto da un bel telo in tinta con il centrotavola, e cominciò, da un angolo, a tirare un piccolo filo di cotone: piano piano, con movimenti delle mani prima lenti ed incerti, poi sempre più rapidi ed esperti, si avvolgeva il filo su due dita, mentre la tenda gradualmente si disfaceva.
Era ormai buio fuori, quando Maria completò l’ultimo gomitolo: lo posò accanto a sé sul divano, vicino agli altri sette, tutti uguali, col filo ben teso. Li osservò un istante, trattenendo il fiato, poi li infilò tutti nella borsa, insieme a poche altre cose, e uscì di casa senza portare con sé neppure le chiavi.
Fuori, la luna piena in un sereno cielo primaverile sorrideva alle rose della vicina e sorrise anche a lei, che, con la borsa elegantemente appoggiata sul braccio, si avviava lungo la strada deserta. 

Nessun commento:

Posta un commento