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venerdì 1 luglio 2011

Pletone. Trattato delle virtù


Le recensioni del venerdì
Intervista di Manuela Angelini al curatore del volume, lo studioso riminese Moreno Neri


«Giorgio Gemisto Pletone, nel tempo della sua vita, che va dalla seconda metà del XIV secolo alla prima del XV secolo, e negli anni immediatamente successivi alla sua morte è stato considerato il massimo filosofo del suo tempo», spiega lo studioso riminese Moreno Neri, curatore del volume Pletone. Trattato delle virtù, pubblicato nel 2010 dall’editore Bompiani.

Il volume, di oltre 730 pagine, riporta il testo Delle virtù, che ricopre solo una trentina di pagine tra originale in greco e traduzione. Tutto il resto del volume è scritto da Moreno Neri e consta delle lunghe e documentatissime “Introduzione all’autore” e “Introduzione al testo”, note e apparati (Indice dei termini greci, Manoscritti del Trattato delle virtù, Bibliografia). Neri, studioso della tradizione classica e umanistica, autore e traduttore di opere sul Tempio malatestiano di Rimini, su Macrobio e su Sigismondo Malatesta, è certamente il maggiore esperto di Pletone, a cui dedica i suoi studi da oltre dieci anni e sul quale sta curando, «con un gruppo di valenti collaboratori, un’edizione completa delle opere per restituirgli il risalto che ancora merita».

Ma chi è Pletone?
«Considerato, come si diceva, il massimo filosofo del suo tempo, è sepolto nella terza arca della fiancata destra del Tempio malatestiano, per volere di Sigismondo Pandolfo che ne portò le spoglie a Rimini e che fece scrivere sul sarcofago l’iscrizione princeps philosophorum sua tempestate”, ossia “il principe dei filosofi del suo tempo”, letteralmente il principale, il più importante filosofo del tempo. Una rilevanza confermata da Marsilio Ficino che nel 1492 lo definì “quasi Plato alter” – spiega Neri –. A questo “altro Platone” attribuiva la nascita dell’Accademia fiorentina e della sua stessa grande opera di traduzione dei testi classici della filosofia greca, a cui Ficino era stato indirizzato, fin da giovane, da Cosimo de’ Medici che aveva ascoltato gli appassionati discorsi di Gemisto sui “misteri platonici”».

Eppure Pletone oggi è un filosofo poco conosciuto…
«Giacomo Leopardi, che fu uno dei primi a riscoprirlo, lamentava nel 1827 il silenzio che aveva ricoperto la sua trascorsa fama. Diverse sono le ragioni per cui lo si è voluto cancellare dalla storia del pensiero occidentale moderno: in generale perché la filosofia bizantina resta un campo scarsamente affrontato e nello specifico perché Pletone cadde in una sorta di anatema. Dopo la sua morte si scoprì che le sue opere filosofiche e politiche nascondevano la segreta intenzione di restaurare la “prisca theologia” che avrebbe dovuto sostituire le pervasive istituzioni ecclesiastiche. In un mondo in cui le religioni monoteistiche cominciavano a contrastarsi per cieca incomprensione, Gemisto indicava il superamento di ogni tipo di settarismo dogmatico, facendo riconoscere che le “nuove religioni” non erano altro che aspetti formali, e spesso degenerati,  di un’unica Realtà che sottostà a ogni Dottrina autenticamente tradizionale. Ottimisticamente asseriva che tutto il mondo avrebbe in breve accolto una sola medesima religione, con un sol animo, una sola mente, una sola predicazione e alla domanda se sarebbe stata cristiana o maomettana, pare rispondesse: “nessuna delle due, ma un’altra non differente da quella degli antichi pagani”».

Tra tutte le opere di Pletone, perché proprio questo libro?
«È l’opera che durante la vita del filosofo ha avuto maggior popolarità e diffusione, come testimoniano i numerosi manoscritti sparsi nelle biblioteche europee. Rivolto a un ampio pubblico, e perciò non essendo manifestamente anticristiano, con esso Pletone diffonde le sue teorie morali e politiche, intrise di platonismo e stoicismo, capaci di temprare il carattere dei suoi contemporanei e di trattenerli dal cadere ancora più in basso. Ricorre quindi alle classiche quattro virtù cardinali - prudenza, giustizia, fortezza, temperanza - dividendo ciascuna di esse in tre sotto-virtù specifiche, analizzandole e definendole. La seconda parte del trattato espone un programma pedagogico per formare prima di tutto negli esseri umani opinioni rette e abitudini conformi alla ragione, tali da rendere l’uomo quanto più possibile simile a Dio».

Quali altri libri ha scritto Pletone?
«Giorgio Gemisto Pletone scrisse in quasi ogni campo dello scibile: storia, geografia, astronomia, musica, poesia omerica, persino medicina, cronologia, grammatica, retorica. Oltre ai suoi scritti filosofici, sono molto importanti anche gli scritti di politica, che considerava una scienza strettamente collegata alla filosofia, perché le fortune di uno Stato si fondano sui princìpi sui quali è costituito. Il Trattato delle virtù è un assaggio, un centesimo di quanto ci resta da offrire. Anche se il suo capolavoro, Le Leggi, è stato dato alle fiamme e ce ne restano solo dei frammenti, solo una futura pubblicazione di tutti i suoi scritti, o della maggior parte di essi, può riuscire a mettere in luce la sua personalità».

Saranno ripubblicati gli altri testi?
«Giovanni Reale, uno dei massimi studiosi della filosofia antica, dopo aver letto i miei primi libri su Pletone editi da Raffaelli, nell’ottobre del 2006 mi ha convocato alla Rcs Libri, chiedendomi di provvedere alla pubblicazione dell’opera omnia di Pletone, che sarà edita nella collana “Il pensiero occidentale” della Bompiani. È un impegno da far tremare i polsi e che sta richiedendo molto tempo, anche se mi avvalgo di numerosi e valenti collaboratori. In questa attesa il Trattato delle virtù rappresenta un’anticipazione del lavoro che sto svolgendo».

Quali sono i rapporti tra Pletone e Rimini?
«Come altrove ho cercato di spiegare (Visitatori celebri nel Tempio di Rimini, Raffaelli Editore, 2004) è solo nel 1882 con l’uscita di un libro dello studioso francese Charles Yriarte su Rimini e l’epoca malatestiana che la nostra città rientra nel circuito internazionale delle città d’arte, ricevendo la sua consacrazione con la comparsa della voce “Rimini” fin dall’edizione del 1886 dellEncyclopaedia Britannica. E lo stesso studioso parigino scriveva: “Chi crederebbe che proprio Gemisto Pletone, una delle fiaccole dell’umanità, riposi in quella piccola città di Rimini, che il viaggiatore trascura a favore di nomi più risonanti nella storia? L’Italia tutt’intera può invidiare a Rimini l’onore di possedere i resti del filosofo greco”.
Pletone potrebbe diventare un must per dei visitatori colti della nostra città e - devo dire - in parte lo è già. Ma questo richiederebbe qualche piccolo investimento da parte delle istituzioni».

5 commenti:

  1. Molto interessante, Manuela, anche se vedo che i commenti scarseggiano: forse siamo state un po' spaventate dall'argomento :)
    Personalmente conosco poco la filosofia rinascimentale,anche se amo molto quel periodo storico. Che il buon Giorgio Gemisto sia oggi poco noto à talmente vero che qualcuno che la via Pletone, che è vicina a casa mia, l'ho sentita chiamare Plétone anche da persone di una certa cultura... D'altra parte, anche la via in cui abita mia madre molti la scrivono "ugò" o la pronunciano "ugo" (povero Victor!)

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  2. Mi accorgo di aver scritto una frase che non sta in piedi. Volevo dire: ho sentito qualcuno che abita vicino a casa mia, anche di una certa cultura, chiamare Plétone la via G.G. Pletone.

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  3. Veramente interessante, Manuela, complimenti. Confesso la mia ignoranza, non avevo mai sentito nominare Pletone. Riguardo a quello che giustamente fa notare Lorella, vorrei aggiungere che forse dovremmo ricominciare a scrivere mettendo gli accenti dove servono e non soltanto alla fine della parola.

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  4. Mi rendo conto che l'argomento è ostico e certamente non ci saranno frotte di lettori che acquisteranno il libro. In ogni caso, la mia copia è a disposizione, se la volete.
    Quanto al povero Pletone, Barbara, purtroppo è davvero poco conosciuto, ma se passi a piedi a fianco del Tempio, vedi la scritta sull'arca che contiene le sue spoglie.
    manuela

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  5. Mi vergogno profondamente e prometto di andare a scusarmi sulla sua tomba.

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