Benvenuti in Letteratura e dintorni!

Benvenuti in Letteratura e dintorni!

Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


Vuoi conoscere il gruppo Pennadoca? leggi qui oppure scrivi a uniaperta@hotmail.com

venerdì 1 ottobre 2010

La comprensione del testo letterario

Mi è tornata in mente, senza un motivo preciso, una discussione accennata qualche tempo fa in uno dei nostri incontri, su un argomento che forse sarebbe interessante approfondire: la comprensibilità del testo.
Io sostenevo che, se leggendo trovo un testo incomprensibile, smetto di leggere e penso che l'autore abbia fatto un errore, perché chi scrive evidentemente ha qualcosa da dire e se non si fa capire da un lettore medio (quale penso di essere), significa che ha sbagliato. Qualcun altro sosteneva invece che di fronte ad un libro scritto in modo troppo "alto" si sente inappropriato come lettore.
Resto della mia idea, ma mi piacerebbe  sviscerare un po' di più l'argomento, perché in fondo si tratta, secondo me, dell'identità stessa della letteratura, che può essere intesa in vario modo.
In sostanza, io ritengo che un testo sia un atto comunicativo e in quanto tale abbia come obiettivo un destinatario; un atto comunicativo si compie se arriva al destinatario, cioè se il destinatario è in grado di cogliere il senso della comunicazione. Ora, se riteniamo che la letteratura (e in particolare la narrativa) abbia come destinatario un pubblico di lettori standard, questi devono essere in grado di comprendere il testo che viene scritto, quantomeno nel suo senso letterale. Altra cosa sono l'interpretazione e la critica testuale, che possono essere, almeno in parte, soggettive e comunque legate alla sensibilità individuale; tuttavia, anche il semplice giudizio "mi piace" o "non mi piace" presuppone una prima comprensione di ciò che si è letto, perché non ci può essere giudizion di fronte a qualcosa che ci risulta incomprensibile. E voi, che ne pensate?

18 commenti:

  1. Sono d'accordo in linea di principio. Però, c'è un però.
    Sono sempre stato convinto di quanto affermato nell'intervento di apertura, poi ho fatto alcune considerazioni di questo tipo:
    Prendiamo ad esempio la pittura, in particolare quella moderna. Essa vale in quanto all'osservatore trasmette non un messaggio codificato secondo canoni tradizionali ma vale per la capacità di trasmettere all'osservatore delle sensazioni, delle emozioni.
    Per la mia esperienza questo genere di pittura rimane un linguaggio assolutamente incomprensibile se non adeguatamente collocato, nel "senso" e nelle intenzioni della'autore.
    Questa è una prima considerazione, anche se rivolta ad un altro settore dalla scrittura.
    Per la scrittra, invece credo che esistano testi che necessitano di collocazione o spiegazioni per essere interpretati e che sono con questi strumenti ulteriori possono essere colti nella loro potenzialità.
    Qeusti ultimi, a mio avviso, sono diversi da altri per i quali la lettura fornisce l'immediata comprensione. Né meglio né peggio, semplicemente diversi. E nella bellezza e ricchezza che consente solo la libertà e varietà, direi irrinuciabili.
    Altra cosa è l'intenzione snob dello scrittore che intende produrre scritti difficilmente interpretabili o per darsi un tono o con l'illusione di essere scrittore di alto livello, mentre non è altro che carne ed ossa, ed un po' di limitato spirito, come tutti gli altri.

    RispondiElimina
  2. Come al solito l'argomento ha generato animate discussioni in famiglia. Sappiate che, se un giorno, io e Fede ci separeremo, vi riterremo tutti responsabili. :)
    Comunque, in sintesi questo è il punto su cui siamo d'accordo. Un punto di ordine qualitativo. Di quali testi stiamo parlando? Perchè, secondo, noi, quando si parla di saggistica o di divulgazione, può essere fisiologico che un testo credi dei problemi di comprensione. Non tutti possiedono le stesse basi, e se per me un testo di diritto tributario può essere chiaro, di sicuro non lo sarebbe un volume di tecnica delle costruzioni o di storia dell'architettura. E viceversa per Fede, tanto per citare due materie praticate in famiglia.
    Diverso è se si tratta di letteratura (e qui già io e l'uomo non ci accordiamo).
    Lui infatti sposa la tesi di Lorella e ama citare a questo proposito il "maestro", il quale ebbe a dire che "se una canzone ha bisogno di essere spiegata, vuol dire che non è stata scritta bene". E questo lo ha detto Fabrizio De Andrè... mica l'ultimo dei Gigi D'Alessio. :)
    Quindi, anche secondo lui, se un'opera letteria non presenta una comprensibilità diffusa, se non proprio totale, è perchè l'autore non è riuscito a rendere il suo obiettivo di comunicazione.
    Per quanto mi riguarda, invece, posso dire di appartenere alla categoria dei "lettori inappropiati".
    Ognuno deve essere consapevole dei suoi limiti, ed io lo sono dei miei. Il che non toglie che cerchi di migliorarmi per poterli superare. :)

    RispondiElimina
  3. Naturalmente io mi riferivo ai testi di letteratura, o più specificamente di narrativa. E' ovvio che un manuale è rivolto ad un pubblico specialistico (anche se, anche in quel caso, deve essere accessibile al pubblico a cui si rivolge, altrimenti vuol dire che è scritto male).
    Nel caso della narrativa, però, io ritengo che lo scopo fondamentale sia quello di narrare, appunto, una storia. Poi in tale storia possiamo infilarci, più o meno consapevolmente, miriadi di significati psicologici, sociologici, pedagogici, politici e chi più ne ha più ne metta. E lì i critici letterari di svariata estrazione troveranno pane per i loro denti. Ma se una storia in quanto tale risulta incomprensibile a chi la legge, se, per ipotesi, io scrivo un giallo e alla fine il lettore non ha capito chi è l'assassino, o qual'è stato il movente, sono io che ho sbagliato nella mia scrittura (a meno che non volessi lasciare deliberatamente la storia nell'ambito di un inquietante incertezza, ma in quel caso non sarebbe più un giallo, sarebbe un racconto "fantastico").
    Io credo che non si possa essere "lettori inappropriati", perché un romanzo è come un vassoio di pasticcini (permettetemi la metafora mangereccia): se io te lo offro, non è mica detto che tu debba mangiarlo tutto; puoi assaggiarne qualcuno qua e là, o divorare tutto quanto in fretta, o guardare e poi sbocconcellare... in ogni caso, si può dire che tu sia stato un commensale "inappropriato"? Non hai comunque mangiato?

    RispondiElimina
  4. Scusate, non avevo riletto il post e mi sono accorta di aver fatto un orribile errore di ortografia: ho scritto "qual è" con l'apostrofo: chiedo umilmente perdono! :)

    RispondiElimina
  5. Io se trovo un libro incomprensibile smetto di leggere e mi dispiaccio di aver speso male i miei soldi. Penso di non possedere tutte le necessarie facoltà mentali per comprenderlo. Penso che è un periodo pesante della mia vita e che lo potrei rileggere in un momento diverso. Però non me la sono mai sentita di ritenere responsabile l'autore.

    RispondiElimina
  6. ... anche perché, almeno nel mio caso, a volte accade che i romanzi che non capisco siano accreditati come pietre miliari della letteratura.
    Faccio un esempio. Qualche anno fa, un amico, mi prestò "La cognizione del dolore" di Gadda, magnificandomene le meraviglie. Io lo iniziai con fatica, proseguii per un po' annaspando, poi - con grande senso di inadeguatezza - lo piantai lì.
    Gadda non si può definire l'ultimo degli stolti. E i suoi romanzi sono davvero importanti, o almeno questo mi è stato insegnato a scuola. E allora? Di chi è la "colpa" di non essere riuscita a leggerlo?
    Come dice giustamente Stella, forse non era il momento. Forse non c'era lo spirito giusto. Forse se oggi, o domani, o fra venti anni mi accostassi a questo libro, lo troverei illuminante.
    Ma quando non sono riuscita a leggerlo, non ho pensato che la manchevolezza fosse dell'autore, che non era riuscito a raccontare la sua storia. Lui ce l'aveva fatta benissimo, e nello stile, nel linguaggio, con le meccaniche che gli era congeniali. Credo che la creatività sia fatta anche di questo. E guai se non fosse così.

    RispondiElimina
  7. credo il tutto che si collochi nel fatto che ogni linguaggio deve utilizzare cose in comune tra chi parla e chi ascolta per essere ciò per il quale esiste: tramite di comunicazione, di messa in comune di idee, pensieri, sensazioni.
    Come per la musica. Vi sono musiche per che alcuni sono bellissime, per altri incomprensibili o insopportabili. Come per noi occidentali le musiche orientali sembra sembrano seguire percorsi incomprensibili, in realtà seguono percorsi a noi non noti e leggibili. Stessa cosa credo per la scrittura creativa. Dovrebbero esserci dei momenti di "rimozione" delle barriere per la comprensione per rendere le opere fruibili e godibili.

    RispondiElimina
  8. Credo che vi siano più modi per rigettare sulla carta il nostro vissuto o le nostre paturnie. Credo che, come certi aspetti della vita siano inesplicabili, anche certe pagine meritino di esserlo, per manifestare un disagio o una scintilla sopita di vita, che nemmeno l'autore che l'ha vissuta ne è riuscito a comprendere appieno la portata. Se invece parliamo di un libro di 400 pagine, beh, allora fuori uno e sotto un altro!

    RispondiElimina
  9. Quello che Francesca dice di Gadda, secondo me, non riguarda tanto la comprensione, quanto il giudizio sul testo. Non credo che lei non capisse le cose che stava leggendo, ma semplicemente non le piacevano o non le dicevano nulla.
    Che cosa significa "non riuscire a leggere un libro"? Io non riesco a leggere i romanzi di D'Annunzio, ma non perché non li capisca, semplicemente perché è talmente lontano dalla mia sensibilità che mi infastidisce. Quando sono stata costretta a leggerli (a scuola) li ho letti ed ho capito, ma non mi è piaciuto.
    Riguardo poi alle pietre miliari della letteratura, io ci andrei cauta: mica è detto che tutti quelli che finiscono in un libro di testo scolastico siano leggibili e piacevolissimi: la storia della letteratura segna le tappe della letteratura stessa, indicando quali autori sono stati significativi per il suo cambiamento e la sua evoluzione.
    Faccio un esempio banale: Marinetti è un personaggio che ha segnato una tappa della letteratura italiana, ma non si può dire che quello che scriveva fosse eccelso.
    Sono d'accordo con Paolo, quando dice che tra chi parla e chi ascolta ci deve essere qualcosa in comune, ma di questa "cosa in comune" l'autore deve essere consapevole: qualunque autore ha in mente il suo potenziale pubblico di lettori e se questo pubblico non lo capisce, evidentemente l'autore ha toppato. Diverso è il caso in cui io voglia leggere un romanzo che appartiene ad un'altra cultura, perché in quel caso sono io che mi avventuro in un terreno non mio e potrei non avere le competenze adatte, un po' come nel caso di un manuale specialistico.

    RispondiElimina
  10. Mi mette molto in imbarazzo trovarmi a discutere di letteratura con una prof. :) Secondo me, alla fine di tutte queste chiacchiere, Lorella mi metterà un bel 2 e mi rimanderà a settembre. :D
    Concordo che non tutto quello che viene considerato "pietra miliare" sia altrettanto valido ed altrettanto "fruibile"... anche perchè - e qui Lorella, per favore, correggimi se sbaglio - anche la critica letteraria può risentire di tanti fattori storici, sociali, politici, che la rendono passibile di modifiche anche significative nel corso del tempo.
    Per quanto riguarda invece il mio rapporto con Gadda, vorrei precisare la natura della mia incomprensione. Non è che io non capissi le parole che leggevo, ovvio. L'uomo si esprimeva in un italiano più che corretto, anche se molto, molto estroso. Ma non comprendevo il senso delle sue parole. Non era il problema di "piacere" o "non piacere". Era qualcosa che viene molto prima dell'apprezzamento o non apprezzamento del testo.
    Non è facile da spiegare, anche perché ciò comporterebbe un'ammissione di ignoranza che, credetemi, non mi rende affatto fiera di me.
    Ma io Gadda non lo ho capito. E ripeto, non per colpa sua.
    Ora... ci si potrà interrogare sull'opportunità di testi di così ardua comprensione per lettori evidentemente un filino sotto i target comuni.
    Servono a qualcuno? Hanno ragione di essere? Secondo me cento volte sì. E mi spaventa una risposta divera. Perchè mi sembra che già tanto la nostra cultura venga livellata verso il basso... che se si toglie spazio ad espressioni artistiche "alte", si finisce per massificare tutto e banalizzarlo.
    Io sono felice che Gadda abbia scritto il suo romanzo e lo abbia scritto così. Anche se io, con Gonzalo Pirobutirro, o come cavolo si chiamava, non sono riuscita a trovare un solo punto di contatto.
    Ah... naturalmente l'uomo è del tutto in disaccordo con me. :)

    RispondiElimina
  11. Scusate se arrivo con l'ultimo treno e faccio pure una domanda cretina, ma cosa si intende per "capire" un testo?
    Forse la trama, l'intreccio narrativo o quant'altro?
    Forse il messaggio implicito (e speriamo tanto non ci sia) nascosto tra le righe, che l'autore vuole consegnare all'umanità?
    O forse il significato letterale delle parole?
    Io, ad esempio, ho letto Tommaso Landolfi con il vocabolario accanto, diversamente avrei capito poco e niente.
    Se dieci persone leggono lo stesso libro ci saranno dieci interpretazioni diverse. Magari capiterà che il testo per nove di loro risulterà incomprensibile, mentre il decimo lo osannerà. E allora cosa facciamo? Quel decimo è un genio e gli altri nove poco intelligenti? Forse è colpa dell'autore?
    Quand'ero ragazzina (ai tempi della scuola) mi sentivo in colpa per non riuscire a leggere testi che persone che io pensavo più intelligenti di me ritenevano doveroso leggere. A me quei libri non piacevano poiché preferivo altri generi di letture, che praticavo in gran segreto :-), con il risultato di non riuscire a godermi pienamente quello che leggevo. Quando sono riuscita a scrollarmi di dosso questa specie di "dovere intellettuale" sono riuscita anche a trarre un piacere maggiore dalla lettura.
    Ad una conferenza di scrittura creativa alla quale alcune di noi hanno partecipato, il docente a proposito del fatto che un libro possa piacere oppure no paragonò il libro ad una casa, dentro la quale ci si può trovare bene oppure no.
    Forse si tratta di una considerazione un po' semplicistica, ma a ben guardare non è del tutto sbagliata.

    RispondiElimina
  12. La tua domanda, Barbara, è il nocciolo della questione, secondo me. Io mi riferivo ad una comprensione letterale, che può anche tranquillamente avvenire con un dizionario, che è comunque uno strumento del lettore.
    Ma mi pare che la posizione che mi distanzia veramente da Francesca sia il suo senso di inferiorità nei confronti di una supposta cultura alta. Io non credo che esista una cultura alta e in qualche modo inaccessibile, perché nella mia esperienza ho incontrato (o letto) persone veramente colte che, proprio per essere tali, sapevano esporre il loro pensiero in modo semplice ed efficace. Le persone che non si fanno capire spesso non sono colte, ma semplicemente erudite o fingono di esserlo ed usano l'accumulo di nozioni per dimostrare agli altri la loro supposta cultura.
    Dal punto di vista tecnico, un termine altisonante o una costruzione sintattica elaborata hanno senso in un testo se sono intimamente connessi con il significato del testo, ma in questo caso il lettore è in grado di coglierne il senso, perfino quando gli sfugge il significato delle singole parole. Se invece i termini altisonanti si usano solo per dimostrare una propria supposta superiorità sul lettore, mi sembra che il compito della scrittura possa dirsi fallito.
    Questo intendevo, in sostanza. Ricordo che il dibattito era partito da una frase scritta da Francesca:"...non sarete umiliati dalla mia cultura...". Lasciando da parte il senso ironico che Francesca aveva inteso dargli, io dissentivo dall'idea che la cultura potesse umiliare, perché, per la mia esperienza, quando ho incontrato persone veramente colte ne sono rimasta affascinata, mi hanno suscitato ammirazione e desiderio di ascoltare ed imparare. Secondo me, è il nozionismo che umilia, non la cultura.

    RispondiElimina
  13. Vorrei anche capire meglio che cosa intende Francesca quando dice "io Gadda non l'ho capito". Sei proprio sicura che ci fosse qualcosa da capire, oltre al senso letterale che comprendevi? E ne sei sicura perché un qualche critico letterario ha deciso che Gadda deve finire nelle antologie della scuola? Magari davvero Gadda non dice nulla... perché la tua opinione dovrebbe valere meno di quella dell'amico che te l'ha consigliato?
    Quando poi tu chiedi se libri di questo tipo hanno ragione di essere, io non ho dubbi che ce l'abbiano: si scrive per tanti motivi! E tanti testi ci sono stati tramandati, come dicevo, per ragioni di storia della letteratura, non per un loro valore comunicativo intrinseco.
    Ma noi che siamo anche autori, secondo me, dovremmo porci il problema: perché scrivo? Se scrivo per essere letto da un certo pubblico, dovrò cercare di fare in modo che questo pubblico mi capisca. Se il pubblico non mi capisce, forse la colpa è mia...

    RispondiElimina
  14. Anche se molte persone sostengono che la divisione tra letteratura alta e letteratura bassa è arbitraria, non la si può evitare. Io non riesco a capire, esattamente capire quasi tutti gli scrittori russi cui mi sono avvicinata. Neppure Cecov (che sicuramente non si scrive così) non entro nel suo mondo, non riesco nè a contestualizzarlo, nè a trasferirlo ai nostri giorni. Mi annoia non solo il fatto che succede poco, in termini di azione, ma che quello che succede è spesso dilatato per pagine intere. Magari Cecov meno, ma in altri scrittori russi è così. Se ogni volta che leggiamo un libro è un po' come se partissimo per un viaggio, per conoscere nuovi mondi e situazioni, io ogni volta che sono partita per quel viaggio sono tornata indietro senza essere arrivata a destinazione. Possiamo dire che gli scrittori russi non volessero farsi capire? E un po' cretina mi sento quando qualcuno decanta le meraviglie di questi scrittori.
    Tutti comprendiamo il senso letterale di quello che leggiamo, tutti abbiamo fatto studi medio-alti, ma a volte il significato non coinvolge, non ti fa viaggiare, non ti porta altrove o non ti porta a guardare dalla tua finestra con occhi nuovi. Credo che non ci sia un unico motivo per cui questo accade, ma che accade siamo tutti d'accordo!
    Al gruppo di lettura della bibioteca di Coriano qualche mese fa è stato letto come libro del mese "Una solitudine troppo rumorosa" di Hrbal. E' un libro breve, intenso, ma che ha acceso gli animi dividendo i presenti tra chi lo ha trovato sublime (giuro!) e chi ha faticato fisicamente a terminarlo.
    Questo è un esempio tra i tanti.
    Trovo che un autore dovrebbe porsi il problema di essere compreso al di là del significato letterale del suo testo, ma non è giusto chiedergli di cambiare un suo progetto artistico "perchè diversamente non sarà capito". Rischierà anche di non essere compreso e ne farà le spese. Io penso.

    RispondiElimina
  15. D'accordissimo, Stella, con quello che tu dici. Quello che io contesto è che io mi debba sentire umiliata ed ignorante perché mi approccio ad un libro che non si sforza di farsi capire.
    Vorrei però sottolineare una cosa: ogni autore deve essere contestualizzato; Cechov non scriveva per noi, ma per i lettori che lui aveva in mente.
    E' ovvio che il suo stile e anche il suo pensiero siano distanti da noi geograficamente ed anche culturalmente, perché il nostro contesto è lontanissimo. Diverso sarebbe il caso se, dopo aver studiato il contesto in cui egli scrisse, noi ancora non riuscissimo a capire. La conoscenza del contesto, così come l'uso di un dizionario, sono strumenti alla nostra portata.
    Quanto alla distinzione tra letteratura alta e bassa, certo che esiste: si tratta, ancora una volta, di una scelta stilistica dell'autore.
    Esplicitamente o implicitamente, un autore sceglie un pubblico a cui rivolgersi.
    Io ritengo però che la letteratura alta non possa considerarsi tale solo perché fa sfoggio di erudizione, perché se l'uso aulico del linguaggio non è giustificato dal senso, diventa come una scena di sesso messa in un film solo per fare audience, cioè non c'entra, è fuori luogo e non consente la comprensione del messaggio.

    RispondiElimina
  16. oppure ci troveremo con una omologazione dei modi e delle forme.
    Il problema credo che risieda proprio nella comunicatività.
    Un mezzo di comunicazione, come altri, deve, appunto comunicare. Per farlo deve utilizzare percorsi condivisibili, o totalmmente o parzialmente. Totalmente quando lo fa percorrendo terreni comuni per raccontare o esprimere un pensiero, un'idea una storial. Parzialmente quando tramite una parte (almeno una parte) condivisa cerca di inoltrare l'altro in qualche cosa di nuovo.
    Questo, credo, sia valido per tutte le forme di comunicazione.
    Dalla letteratura alla musica, alla pittura.
    Gli scrittori di un secolo fa saranno meglio comprensibili dai loro contemporanei. Le forme di espressione stessa della letteratura, infatti, si sono nel tempo modificate. Ma la stessa cosa è accaduta in settori come il cinema.
    Ricordo qualche tempo fa quando non vedevo l'ora di rivedere con mio figlio un film che mi aveva tanto divertito. Con mia grande sorpresa l'ho trovato molto diverso da come lo ricordavo. Certamente meno intenso e veloce. E non era passato un secolo ma "appena" una ventina di anni. In questo lasso di tempo il modo della comunicazione è cambiato. Infatti mio figlio l'ha trovato abbastanza noioso.
    A me è accaduta una cosa simile con il jazz. Ho subito un concerto, al quale avevo accompagnato alcuni entusiasti amici, per più di due ore e con vero terrore ho visto i musicisti accettare la richiesta di bis. Per me è stata una vera sofferenza fisica, che ricordo ancora nitidamente, vissuta su quella poltroncina mentre i miei amici e, presumo, l'intero pubblico era in estasi.
    Anche un famosissimo romanzo "cent'anni di solitudine" ha richiesto per me un notevole sacrifici per essere terminato mentre per tutti quelli che sento si tratta di un romanzo bellissimo.
    Sarà che saranno diversi i modi della comunicazione ma anche la nostra sensibilità.
    In ogni caso: evviva le differenze e la vastità del pensiero e dei modi di esprimerlo!

    RispondiElimina
  17. ecco, il mio commento intendeva seguire quello di Stella, ma evidentemente Lorella è stata più veloce!

    RispondiElimina