Da due anni lavora come autista per il trasporto delle salme, guida il carro funebre, che quando passa vuoto fa fare gesti scaramantici e quando è pieno fa fare il segno della croce, ma comunque ammutolisce. Riflette Ermanno sulla scia di silenzio che produce in mezzo al traffico o alla gente nei marciapiedi quando arriva con quell'auto enorme e nera.
Il silenzio si percepisce per sottrazione. Esiste ovunque, abbraccia, sorregge, conforta e spaventa. E' alterato dai rumori è riempito dai rumori come fosse un recipiente vuoto. Il silenzio è la voce dell'assenza.
Il funerale di quella mattina è modesto esattamente come è stata la vita del morto. La chiesa sembra grandissima rispetto alla poca gente composta e ordinatamente seduta in blocchi compatti di conoscenze. Il sacerdote si mangia le parole, sarebbe stata una messa masticata e noiosa.
La divisa non gli sta bene, le camicie azzurrine esaltano la sua magrezza, e i pantaloni blu classici lo fanno sembrare un trampoliere. Per non parlare poi dei capelli cortissimi, quasi fosse un soldato nelle truppe d'assalto, è tutto sguardo verde, acuto. E poi il piercing sotto al labbro....
Ermanno se ne frega, ha venticinque anni e non fa più caso alla gente che lo guarda perchè è giovane per quel mestiere, poi per il suo aspetto esile e poi per quel coso che luccica sotto il labbro che non si capisce subito che è una pallina d'argento, sembra un velo di unto non pulito. Ma la gente che guarda Ermanno ha gli occhi velati di pianto e crede di non riuscire a vedere bene.
Oggi Ermanno ha sentito il silenzio e pensando a questo si è accorto dell'assurdità del suo pensiero.
Il silenzio esiste sempre e non si può sentire, non ha odore, nè sapore, nè colore. Si percepisce per sottrazione e quando ha aperto la porta della chiesa è stato investito da tutto questo. In realtà i sensi ingannano: lo spostamento d'aria causato dall'apertura della porta grande ha accarezzato il viso di Ermanno insieme a tutto il silenzio compresso e racchiuso. Vento, aria che si sposta, silenzio, ma soprattutto assenza.
Aspettando che la funzione finisca va a sedersi nel carro. Prende dalla tasca quel libricino che si vede quando camminava. "Siddharta", non riesce a leggere sta cercando qualcosa. Vuole ritrovare il silenzio tentando di superare tutti i rumori ed arrivare al fondo.
Come quando nella folla si cerca qualcuno, lo sguardo si posa su tanti visi, incontra tanti occhi escludendoli via via perchè non sono quello che si sta cercando. Così Ermanno avanza nei pensieri e fa un percorso di esclusione, di sottrazione per poter arrivare di nuovo al silenzio.
Perchè è questo che alla fine rimane, pensa il giovane autista con il piercing sotto il labbro, rimettendosi in tasca il piccolo libro azzurrino, questo rimane l'unica, grande, fragorosa, impietosa voce, che non si ascolta con le orecchie, che si percepisce dentro come un'onda che vibra in un posto indefinito del corpo: la voce del silenzio, la voce dell'assenza.
Allora Ermanno fa una cosa che mai avrebbe immaginato avrebbe fatto nella sua vita, e che in seguito non fece più.
Strappa un pagina bianca dal libro che ha in tasca, una di quelle che stanno all'inizio subito dopo la copertina e con una matita che trova nel cruscotto dell'auto si mette a scrivere. Anche la sua calligrafia gli assomiglia, lunga e asciutta come lui.
Il silenzio sta attorno al rumore,
è tutto ciò che avvolge i suoni,
resta quando una conversazione è conclusa,
respira con il sonno dei bambini.
Il silenzio non si può fare,
esiste a prescindere,
si tace un rumore per ascoltare ciò che rimane.
C'è sempre, ma si avverte per sottrazione,
quando non è coperto dal mondo,
Eppure è pesante
importante
emozionante,
più significante di risposte articolate e complesse.
E' la lingua dell'anima inquieta
che non si placa nel silenzio,
ma trova un suo respiro.
E' il suono del pensiero pensato
immediatamente coperto dal rumore della parola
che rotola sul fogio di carta.
Soprattutto è la voce assordante dell'assenza:
il più terribile dei rumori.
Ermanno si guarda attorno, la cerimonia sta per finire. Scende dall'auto e si mette il foglietto e la matita in tasca. Come tante altre volte entra in chiesa assalito dall'odore dell'incenso e muto attende di caricare la cassa aiutato dal suo collega. I soliti passi della gente, trascinati o sospesi, ma comunque lievi accompagnano la fine di un rito, lacrime composte e abbracci con bisbigli.
E' distratto e non si accorge che gli cade dalla tasca il libro, il rumore è coperto dallo sportello dietro che si chiude. Sta per salire al suo posto e lei è lì appresso,
con il libro in mano, il suo libro in mano.
- Ti è caduto, questo? -
Guardandola ha la sensazione di non doverla dimenticare, e gli viene un gesto che non si spiega: prende il libro e le lascia il foglietto. Ed entrambi tornano alle proprie assenze con la percezione di essersi trovati.
è la voce assordante dell'assenza:
RispondiEliminail più terribile dei rumori
é un verso notevole (senza "sopratutto"): a volte anche la scrittura funziona per sottrazione.
Interessante anche il racconto, buono l'argomento, sensibile l'analisi.
"Si tace un rumore per ascoltare quel che rimane" è profondo, delicato, esplicativo.
l'unica pecca (ovviamente per me!!): siddartha, se avessi un euro per ogni volta che l'ho trovato citato...
Complimenti, continua!! :)
Sarò sintetica (almeno per una volta :-)): bello, pieno di sensibilità.
RispondiEliminaquello che mi è piaciuto in questo racconto è questa sensazione di "epifania" (come la intendeva Joyce): questo ragazzo "scopre" il silenzio in una situazione che per lui è usuale, quindi non è tanto l'esperienza esterna particolare, quando il suo stato d'animo, la sua condizione mentale di quel momento ch lo porta ad aprirsi al mistero. Per questo mi sembra che la chiave del racconto sia: "Oggi Ermanno ha sentito il silenzio e pensando a questo si è accorto dell'assurdità del suo pensiero."
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