Intervista a Valerio Evangelisti
di Luigi Luminati - dal Resto del Carlino del 13 febbraio 2011
Lo spietato, crudele Eymerich deve morire
Dopo sedici anni e dieci romanzi Valerio Evangelisti 'uccide' il suo personaggio
Dopo sedici anni e dieci romanzi, Valerio Evangelisti ha deciso che il suo inquisitore, Nicolas Eymerich, doveva morire. Perché?
«Vuole la verità? Non ero sicuro di andare avanti ancora. Ero malato, non sapevo quanto tempo avrei avuto. Siccome le saghe che lasciano il segno sono quelle che hanno una conclusione, in "Rex tremendae maiestatis" (Mondadori Strade blu), ho voluto dare una conclusione alla vicenda. Ho ripreso alcuni temi dei romanzi precedenti e compimento alla storia di Eymerich».
Quanto ha pesato la sua malattia su questo romanzo?
«Molto, in senso positivo. Diciamo che ho usato la mia malattia, un linfoma, a fini creativi. Nella storia attribuisco ad Eymerich molti dei sintomi negativi che stavo vivendo. Alla fine ne siamo usciti sia io che lui».
E' la conferma di una immedesimazione tra autore e personaggio?
«Eymerich, non da oggi, è una parte di me. In "Rex tremendae maiestatis" c'è la descrizione della sua difficile infanzia, il lato femminile. In realtà ho scritto questo romanzo senza sapere dove andavo a parare».
La scrittura le ha dato forza?
«Certamente, soprattutto mi ha permesso di evadere. Io sono sempre stato un grande viaggiatore (Evangelisti in inverno lascia Bologna e vive in Messico, ndr), invece ero costretto in casa. Così ho potuto viaggiare con la scrittura. E questo mi ha aiutato tantissimo a superare i momenti più duri».
Come Salgari?
«Esatto, lui viaggiava tanto con l'immaginazione. Io ho fatto lo stesso. E' stata la medicina più sicura, almeno per l'anima».
Eymerich non tornerà più?
«Diciamo che nel finale ho lasciato uno spiraglio. D'altra parte non ho un atteggiamento alla Conan Doyle, che si era stancato del suo personaggio. Credo che sentiremo parlare di Eymerich ancora, soprattutto come personagio multimediale. Stanno preparando un videogioco su di lui. Srà il primo con testo anche in latino».
Si parlava anche di un film.
«Hanno acquistato i diritti ma non si è mai fatto. Rimane comunque un personaggio apprezzato, questo libro è alla terza ristampa, il primo è un longsellers da 16 anni. Ho molti lettori giovani, tanti studenti universitari».
Merito della scelta della letteratura fantastica?
«Un genere che ha tanti meriti, che permette di parlare dell'oggi. La fantascienza ha anticipato 40-50 anni fa il mondo che viviamo adesso».
Controllo sociale e manipolazione dell'immaginario collettivo.
«I romanzi sono ambientati nel passato e nel futuro. Ma parlano dell'oggi. Abbiamo politici che possono mentire tranquillamente, dire bugie evidenti e così influire sull'opinione pubblica, sull'immaginario collettivo».
Ma si può controllare la massa nonostante i molteplici strumenti di comunicazione?
«Quando gli strumenti sono tantissimi è come se non ci fossero. Una volta si sapeva che i lettori dei giornali, pur essendo una minoranza, erano avvertiti di quello che leggevano. Ora tra tv e internet si accavallano le notizie e non si capisce più nulla. E lo dico io che con il computer vivo in simbiosi. L'unico rimedio restano i vecchi classici libri cartacei».
La Sicilia delle baronie del '300 assomiglia a quella di oggi.
«Mi pare di essere stato esplicito, scrivendo che allora c'era gente che cambiava schieramento al di là di ogni idea. E' la Sicilia di oggi. Ma non vale solo lì».
Goffredo Fofi scrisse di Eymerich come "il più importante personaggio letterario" degli ultimi lustri.
«Forse ha cambiato idea, visto che ha criticato la violenza di altri miei romanzi come "Noi saremo tutto" sui gangster. Comunque io insisto e sto scrivendo un lungo romanzo che collegherà "Antracite" a "Noi saremo tutto" sulla nascita del movimento operaio negli Stati Uniti, attraverso le storie degli anarco-libertari».
Leggendo questo articolo mi sono chiesta con quale criterio il Carlino scelga gli scrittori da intervistare: il dolore, la disgrazia in famiglia?
RispondiEliminaScherzi a parte, se ricordate, Sandro Veronesi qualche giorno prima di Evangelisti raccontava come, nel suo caso, la malattia dei genitori abbia fermato la scrittura. Veronesi aggiunge di avere "bloccato" la stesura dei suoi romanzi nei giorni di maggiore dolore per non contaminare i personaggi.
Evangelisti invece dice che di avere usato la sua malattia a fine creativi.
Dunque, due approcci completamente diversi che però mostrano come la scrittura non sia solo una cosa di testa (ovviamente) ma venga enormemente condizionata dal contesto in cui vive lo scrittore. Contesto non solo esterno e politico, ma anche interiore.
Per quanto mi riguarda credo che, nei momenti personali di maggiore strazio, non riuscirei a trasformare la mia pena in propulsore di creatività e correrei il rischio di trasferire le mie disgrazie pari pari sulla pagina, senza quel necessario distacco che fa sì che gli scritti divengano opera d'arte e non sfogo personale.
Poi Evangelisti fa una dichiarazione interessante ma, a mio parere, poco condivisibile, sugli strumenti di comunicazione. Ma per ora mi fermo qui, aspetto qualche altro commento...
Se ho capito bene, ma non è detto :-), Evangelisti ha usato la scrittura anche come un modo per guardare dall'esterno quello che gli stava succedendo, e riuscire così ad andare al di là di se stesso. Scrivere serve anche a mettere ordine nel caos dell'esistenza, dove tutto sembra scollegato. Il fatto di aver attribuito situazioni e sentimenti ai suoi personaggi può essere servito per padroneggiare una situazione dolorosa e difficile, come quella che stava vivendo.
RispondiEliminaChe la fantasia possa essere una sorta di tappeto volante che ci prende e ci porta via in parte è vero, soprattutto se diventa una forza creativa. Penso che sia questa capacità, alla fine, a fare la differenza tra chi riesce a elaborare le proprie esperienze di vita trasformandole in un romanzo e chi invece si limita a scrivere il diario.
Sono d'accordo con Manuela che la scrittura non è un fatto solamente di testa.
Da queste due ultime interviste ciò che si evince è che alla fine l'unica regola è che non ci sono regole. Nel senso che ciascuno adotta l'approccio che gli è più congeniale.
A proposito degli strumenti di comunicazione, io non ho capito bene cosa ha voluto dire.
Forse che un eccesso di informazioni può creare confusione?
Adesso scriverò un commento un po' antipatico, tra l'ignorante e il saccente: non conosco i libri di cui si parla (però un libro col titolo in latino mi intriga, magari lo compro quest'estate...), però mi pare che nell'intervista si faccia una confusione terminologica, riguardo al termine "fantastico".Infatti, nella domanda si parla di letteratura fantastica, ma nella risposta lo scrittore parla di fantascienza. Ora, le due cose sono un po' differenti; la fantascienza non sempre (anzi, quasi mai) appartiene al genere fantastico, che è il genere dell'unheimlich, dell'incertezza inquietante. Come tale, il fantastico non può, di solito, essere interpretato in chiave politica, a differenza della fantascienza, e non anticipa possibili eventi futuri. "Il mago sabbiolino" di Hoffman è fantastico, così come "La goccia" di Dino Buzzati, dove l'elemento unheimlich (inquietante) entra nel quotidiano. Ben altra cosa è la fantascienza.
RispondiEliminaLorella, io non trovo saccente il tuo commento, dato che non sapevo le cose di cui parli. Quindi ben venga una nuova informazione, sono sempre contenta di imparare qualcosa.
RispondiEliminaLa definizione di "fantastico" è stata per me una grande scoperta nei tempi antichi del mio corso di laurea, quando il prof. Bonifazi aveva incentrato il suo corso monografico proprio su questo genere letterario.
RispondiEliminaI suoi insegnamenti mi hanno molto colpito, tanto che ho impostato buona parte del mio piano di studi in modo tale da approfondire le caratteristiche di quei generi che di solito consideriamo "di fantasia", ma che hanno anche caratteristiche molto differenti gli uni dagli altri (e alla fine ho concluso con una tesi sulle fiabe tedesche). Quindi la questione mi stimola molto...
Abbiamo trovato un altro argomento interessante da proporre per i nostri pennuti incontri... :-)
RispondiEliminaNon ho mai letto romanzi di questo autore. Chapeau a chi riesce a combattere la malattia anche con la scrittura, io non ci riuscirei, ma è perchè non sono una scrittrice. Quanto alla morte del protagonista di una serie di romanzi dico solo questo: sicuramente saprete che il giallo in cui muore Poirot si chiama "Sipario". Ebbene ce l'ho ma non ho avuto mai il coraggio di leggerlo. Spero che Montalbano sia eterno. Carla.
RispondiEliminaPropongo di fare un incontro in cui Lorella fa la "conferenziera" e ci spiega per bene la letteratura fantasy, fantastica, fantascientifica ecc ecc
RispondiEliminaPoi, successivamente, facciamo un incontro del Gruppo Pennadoca in cui ciascuno di noi porta un libro o uno scritto che abbia a che fare col fantasy (come abbiamo fatto con la scrittura epistolare). Però, se prima abbiamo avuto una lezione, acquisiamo più strumenti di analisi e anche il nostro apporto può essere più approfondito e interessante.
Che ne dite?
ottimo direi!
RispondiEliminaStella
Oh, mamma! ;)
RispondiEliminaMi sembra una buona idea, dopodiché potremmo decidere un altro incontro in cui Carla, appassionata lettrice di gialli, ci parla del giallo.
RispondiEliminaAiuto, metto il casco, casomai mi arrivasse qualche fulmine :-).
Mi piace molto questa faccenda sulla letteratura fantastica, anche perchè non sono proprio a digiuno di fantascienza. Quanto poi a parlarvi di gialli, cosa potrei dire che non sappiate già? Non vorrei incorrere negli strali di Manuela a proposito del "livello" perchè sono troppo alla buona. Carla.
RispondiEliminaIn realtà io di gialli ne so quanto tu di letteratura fantastica, quindi ti ascolterei volentieri.
RispondiEliminaMa di cosa si intende per letteratura fantastica? Il così detto Fantasy o la Fantascienza? Forse all'inizio erano correlate ma credo che poi i due generi abbiamo preso strade diverse. Mi sbaglio?
RispondiEliminaStella.
tecnicamente, nè l'uno nè l'altro... ;)
RispondiEliminaInsomma, per la letteratura fantastica ci vuole una lezione perché qui non ci capiamo niente...
RispondiEliminaCondivido l'idea di Barbara di fare poi una lezione sul giallo tenuta da Carla.
E niente strali! Sono certa che si tratterà di due momenti molto interessanti. Al prossimo incontro del gruppo, fissiamo le date.
Era ora che qualcuno predesse in mano la situazione! Io ci sto!
RispondiEliminaStella.
Mi piace questo dibattito sul fantastico. In senso realtà si parla di letteratura fantastica per tutto ciò che non ha connotazione immediata con il reale. La fantascienza è narrativa di anticipazione, ma non è mainstream. Non è reale e di conseguenza rientra nella narrativa fantastica. Il fantasy è un'altra cosa ma chi lo dice che non può essere politico: il signore degli anelli lo è stato e molto. In generale si parla di letteratura fantastica quando si richiede al lettore di sospendere l'incredulità. Evangelisti, che consiglio a tutti, è un autore capace di scrivere romanzi di fantascienza con connotazioni storiche ben definite.
RispondiEliminaScusate, se qualcuno scrive con la funzione "anonimo" si ricordi per favore di mettere il proprio nome alla fine.
RispondiEliminaPersonalmente, come ho detto, non sono molto d'accordo con quest'ultima definizione di fantastico, perché è generica e onnicomprensiva. E' un po' come dire che il genere storico è tutto ciò che parla di storia. Invece, nell'ambito dei generi letterari, la definizione di "fantastico" è molto più ristretta e delimitata. La fantascienza, quando è narrativa di anticipazione (non lo è sempre, secondo me), non rientra nel genere fantastico.
Continuo a non capire la riduttiva definizione di fantastico o di narrativa fantastica. Il fantastico non può essere solo un racconto in viene il reale. Si tratta di una delimitazione molto stretta. L'horror è narrativa fantastica? Il signore degli anelli è racconto fantastico? Blade runner rientra nel fantastico? E potrei continuare a lungo. Grazie. Nello
RispondiEliminaNon si tratta di una definizione riduttiva, ma specifica. Cerco di spiegarmi: quando comunemente parliamo tra noi, diciamo spesso "ho preso l'influenza" se abbiamo tosse e raffreddore; ma se andiamo dal medico, questo ci diagnostica a volte l'influenza, altre volte la bronchite, altre la rinite allergica... non si tratta di definizioni riduttive, ma semplicemente specialistiche.
RispondiEliminaAnche per i generi letterari è così: dal punto di vista tecnico, si definisce fantastico non tutto ciò che non rientra nei canoni del realistico, ma ciò che ha determinate caratteristiche.
Il Signore degli anelli, ad esempio, non è un romanzo fantastico, ma è un fantasy. Ora, noi italiani, che spesso siamo un po' approssimativi, spesso traduciamo "fantasy" con "fantastico", ma non è corretto, nè dal punto di vista linguistico, nè dal punto di vista della critica letteraria.
Mi piace il parallalelismo con l'influenza. Mi sembra di capire che la tua visione di fantastico sia collegabile a quello che diceva Todorov e che trovo riassunto in questa definizione da Wikipedia: . Mi pare di capire che sia questa la tua riduzione del in un recinto molto limitato. Se Il signore degli anelli non è fantastico ma fantasy siamo già al sottogenere della narrativa fantastica. O no?
RispondiEliminaGrazie, Nello.