Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


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mercoledì 26 gennaio 2011

Libri: Presentazioni, Promozioni & C. ...

Libri: Presentazioni, Promozioni & C.

... un vero libro fa a meno di una presentazione,
                                  avanza a colpo di fulmine,
                               come la donna con l'amante
                                e senza l'aiuto del marito...

                                          Stéphane Mallarmé
                                                  *****
Mi piace andare alle presentazioni di libri, così come mi piace sentir parlare di libri alla radio. Vagabondando per la rete ho scoperto siti dedicati alla letteratura dove persone molto preparate e appassionate si occupano di quella letterattura cosiddetta "marginale", nel senso di scrittori poco o niente conosciuti al grande pubblico, vuoi  perché trascurati dalla critica ufficiale e più blasonata, vuoi perché pubblicati da piccole case editrici, ma non per questo meno bravi, anzi. Preciso che i blog e i siti letterari sono tanti e io ne conosco una minima parte.

Mi capita anche di leggere recensioni su quotidiani e riviste e spesso sono molto interessanti, tranne quando si tratta di recensioni che nascono da atteggiamenti servili da parte dei critici nei confronti delle case editrici più importanti.
Purtroppo non riesco ad appassionarmi ai programmi televisivi dove si parla di libri, mi sembrano deprimenti.
A questo punto io mi e vi chiedo: quando la recensione di un libro parte da una attenta e onesta valutazione dei meriti letterari e quando è soltanto una operazione di marketing? Come facciamo ad accorgercene? Mi si dirà: basta leggere il libro. In parte è vero, ma nel momento in cui lo leggo l'ho comprato, facendo un favore anche alla casa editrice. D'accordo che dietro a un libro c'è una industria con dei costi e dei ricavi che, come tale, deve funzionare, ma in virtù di questo è legittimo ignorare quel valore aggiunto che un libro dovrebbe avere? Quindi, è possibile considerarlo soltanto e unicamente un prodotto da vendere?
Mi è capitato di assistere, guardando la televisione, alla presentazione del libro scritto dal personaggio dello spettacolo del momento e subito dopo, nella stessa trasmissione, alla presentazione del libro di uno scrittore vero. Ma in questo modo non si rischia di buttare tutto nello stesso calderone e di banalizzare la letteratura?
Qualcuno potrà obiettare che esiste lo spirito critico di chi guarda e legge e sono d'accordo, ma non si può far finta di non vedere  il condizionamento che televisione e certa stampa esercitano sulle coscienze. A tal proposito basta osservare quello che sta accadendo in questi giorni, e non dico altro.
Quindi, cosa ne pensate?

10 commenti:

  1. Secondo me, bisogna entrare nell'ottica che il libro è una merce, esattamente come un paio di scarpe. Se ci pensiamo, anche dietro un paio di scarpe c'è un'idea creativa, c'è un "messaggio", c'è gente che lavora e deve guadagnare dal suo lavoro. Per l'industria editoriale è la stessa cosa.

    Così anche le recensioni (meglio sarebbe chiamarle presentazioni, ormai le recensioni non ci sono quasi più) fanno parte del mercato e sono il corrispettivo, più o meno, della paginata pubblicitaria in cui c'è fotografato il paio di scarpe.

    Oddio, non è proprio la stessa cosa, ma insomma... per capirci.

    Non so chi abbia scritto il post (perché non vi firmate, ragazze?) ma "il condizionamento che certa stampa e la televisione esercitano sulle coscienze", come c'è scritto nel post, funziona se non si mette in moto il cervello. Lo spirito critico, appunto, che la maggior parte della gente ha dimenticato, scaricandosi la coscienza e dicendo che è colpa dei giornali e della televisione se non ci sono più valori ecc ecc.

    Non dico che i mezzi di informazione non abbiano colpa, ci lavoro dentro da trent'anni e conosco i problemi. (Tra l'altro, inviterei chi li critica a passare una giornata in una redazione per vedere in che condizioni si lavora... poi ne riparliamo).

    Per tornare ai libri, non credo esista la ricetta magica per capire quando la presentazione è onesta e quando dietro c'è la spinta della casa editrice. Chi legge l'articolo, deve usare il proprio cervello, magari facendo confronti tra le varie recensioni. Con internet questo è facilissimo. Sullo stesso libro si trovano moltissimi commenti, spesso anche di lettori che quindi non hanno motivo per parlarne bene o male.
    La "democrazia" del web è importante, anche se io credo nel ruolo di filtro che dovrebbe esercitare il giornalista. Un ruolo che però è importante esista su temi più complessi, secondo me. In fondo, acquistare un libro, è un'operazione molto semplice e per evitare fregature si possono usare degli accorgimenti. Come leggere molte recensioni diverse (lo dicevo prima), sfogliare il libro in libreria prima di acquistarlo, oppure prenderlo in prestito in biblioteca e così non si tira fuori neanche un centesimo.

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  2. Rileggendo il post, vedo che l'anonimo estensore parlava del rischio di banalizzare la letteratura, se si presentano insieme libri buoni e meno buoni.
    Invece, forse è proprio dal confronto che si dovrebbe capire cosa vale e cosa no (anche qui, mettendo in moto il cervello).

    E poi, d'accordo a non banalizzare la letteratura ma neanche a idealizzarla. Non credo che mettendo sull'altare la letteratura, le si faccia un favore.
    Da sempre, credo, esistono libri belli e libri brutti, scrittori bravi e meno bravi. Certi libri considerati di serie B possono essere ottimi compagni di giornata quando si ha l'influenza, ad esempio.
    Qualche anno fa ricordo di avere passato una notte in bianco, perché col raffreddore non riuscivo a respirare, leggendo "I love shopping" di Sophie Kinsella, divertendomi e facendo così passare le ore.
    Intontita com'ero dall'influenza, non credo che sarei riuscita ad apprezzare, chessò, Dostoevskij...

    Il libro l'avevo acquistato poco convinta perché mi sembrava una sciocchezza, ma tutti ne parlavano e così l'avevo preso per vedere con i miei occhi di cosa si trattasse. Beh, non ho comprato un capolavoro, ma non ho neanche buttato via i soldi.

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  3. Innanzi tutto chiedo venia, perché ho inserito io il post che mi è stato inviato da Barbara, dimenticandomi di indicare il suo nome accanto al titolo, come faccio di solito.
    Poi, che dire? Entrambe le vostre posizioni mi sembrano condivisibili. E' vero che esistono libri belli e libri brutti, libri nati esclusivamente come operazione di marketing e altri che resteranno nella storia della letteratura... è anche vero che gli utenti del libro sono molto variegati e un libro va bene per alcuni lettori e non per altri, non solo in base ai gusti personali verso questo o quel genere, ma anche in base alla propria formazione, alla cultura che negli anni ci si costruisce riguardo a ciò che leggiamo, a quello che cerchiamo in un libro.
    Sono d'accordo che le recensioni, più o meno pubblicitarie, debbano essere scritte da professionisti; quelle che troviamo su internet possono essere, tutt'al più, personali consigli di lettura. Se la recensione è fatta da un giornalista, che si intenda un po' di critica letteraria, può aiutarci a capire le caratteristiche del libro, anche se scritta a scopo pubblicitario.
    Conoscere il recensore, le sue competenze e i suoi gusti, può aiutare.

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  4. Il post che ho scritto nasce più che altro da alcune riflessioni fatte ultimamente, leggendo presentazioni di libri o commenti personali, chiamateli un po' come volete, in siti internet che si occupano di letteratura. I critici che propongono queste recensioni sono persone giovani e magari lavorano anche per la carta stampata, io questo non lo so. Però le ho trovate interessanti, tutto qui. Diciamo che mi sono sembrate meno ingessate (sicuramente sto usando la parola sbagliata ma non me ne viene in mente un'altra). Il resto è venuto da sé.
    Riguardo al fatto di condividere o meno una osservazione: se scrivessi unicamente per farmi dar ragione, farei meglio a mettermi davanti allo specchio e darmi ragione da sola. Ma non è questo che cerco. Onestamente se qualcuno condivide quello che penso mi fa piacere, però non è poi così importante. Nel senso che, e dirò la solita banalità, chi la pensa diversamente o comunque ha qualcosa da aggiungere può insegnarmi qualcosa, altrimenti rimango al punto di partenza, cioè davanti allo specchio.
    Ringrazio Manuela per i due commenti consecutivi, così facciamo vedere che si tratta di un blog molto seguito :-).
    Non è che la prossima volta puoi firmare con due nomi diversi ? :-)

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Scusate, ho eliminato il post perché avevo sbagliato una cosa, comunque il tema che hai lanciato, Barbara, mi piace molto e quindi faccio un terzo (quarto) commento e col mio nome!
    Volevo raccontare un dietro-le-quinte divertente, credo, su come a volte si scrivono sui giornali le presentazioni dei libri.
    Qualche mese fa mi ha mandato una mail uno studioso riminese, dicendomi che aveva scritto un libro (un saggio su un personaggio famoso) e mi chiedeva se avrei potuto parlarne sul giornale. Io risposi, come faccio sempre: "Penso di sì, ma prima vorrei vedere il libro".

    L'autore mi ha spiegato che aveva finito le copie omaggio e quindi non poteva farmelo avere. Al che voi penserete che avrei potuto comprarmi il libro e parlarne. Ma nei giornali vale la regola che se uno scrittore vuole che si parli del suo libro dovrebbe avere il buon gusto di regalarne una copia al giornale.
    Dato che la cosa non è avvenuta (io lavoro in un giornale di provincia e le copie omaggio dei volumi spesso sono destinate solo ai grandi giornali nazionali) e lo studioso in questione era conosciuto da uno dei redattori, è stata fatta un intervista all'autore che ha "spiegato" il suo libro.

    Naturalmente l'intervista (fatta da un mio collega) è stata pubblicata ma il volume di cui si parlava, al giornale non l'ha mai visto nessuno...

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  7. Trovo che gli aneddoti spiegherebbero ai più come funzionano le cose e farebbero passare, sempre ai più, curiose idee romantiche che si hanno su questo argomento.
    Onestamente è ributtante che quasi tutti i personaggi appena un po' noti in televisione pubblichino un libro e ancora più orribile è che questi libri balzino ai vertici delle classifiche dei libri più venduti. Come si fa a considerare un libro la biografia di Cassano? E non è solo perchè il calcio mi annoia molto che dico questo. Però possiamo usare il cervello, farci domande, farci venire dei dubbi, capire quando uno spot pubblicitario è ridicolo. Se percepiamo le recensioni, le passerelle in televisione come pubblicità del prodotto, dovremo fare come si fa con l'altra merce. Abbiamo ancora la possibilità di scelta, abbiamo ancora la possibilità di spegnere la televisione. Grande potere.
    Stella

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  8. Non vorrei fare un one-woman-show, ma come ho detto trovo questo post davvero stimolante e quindi posto un ulteriore commento.
    Aggiungo che sono d'accordo con Barbara quando dice che trova deprimenti i programmi tivù che parlano di libri e con Stella quando dice che abbiamo il potere di spegnere la televisione. Giustissimi entrambi.

    Però ieri mattina ho guardato il programma di Alain Elkann su La7, perché tra gli ospiti c'era Lorenza Ghinelli che è una giovane e brava scrittrice riminese.
    Lorenza se l'è cavata egregiamente, secondo me, ma il conduttore non ha fatto una gran figura perché ha "montato" il programma in maniera assurda.

    Ecco come ha fatto: ha iniziato con un'intervista a Niccolò Ammaniti, poi video intervista a Andrea Camilleri, saluto a Lorenza che era seduta lì ma non l'ha fatta parlare.
    Poi Ammaniti se ne va e al suo posto entrano Folco Quilici e Vincenzo Paglia (un vescovo che ha scritto un libro di riflessione spirituale).
    Allora, senza nulla togliere a questi due ospiti che tra loro hanno dibattuto anche bene, cosa c'entrava Lorenza?
    Perché non l'ha fatta dibattere con Ammaniti? Sono entrambi giovani e romanzieri (gli altri due saggisti), nei loro libri i bambini sono protagonisti, scrivono talvolta in stile che definirei molto imprecisamente "pulp"...
    Insomma, c'erano tutti gli ingredienti per creare un bel dibattito. Che non è stato fatto.

    Tanto per completezza di cronaca, Lorenza ha precisato su Facebook (in risposta ai commenti degli amici che dicevano un po' quello che ho detto io): "Grazie ragazzi! è vero, mancava un filo rosso; il punto è che uno scrittore che doveva esserci ha avuto un problema serio di salute. Quirici e Paglia sono arrivati 10 minuti prima della trasmissione. Quindi la scaletta è andata a farsi... benedire :-)"

    Resta il fatto, secondo me, che un professionista navigato come Elkann poteva tirare fuori qualcosa di meglio. E comunque questa è l'ulteriore dimostrazione che la carta stampata (e talvolta il web) sono decisamente meglio della televisione.

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  9. Ho visto una volta Elkann in azione, durante l'intervista a una giovane scrittrice al suo primo libro, non ricordo più il nome. Comunque si trattava di una raccolta di racconti.
    Dopo averle fatto presentare il libro, rivolgendole alcune domande di rito con un'aria molto annoiata, le chiese, per concludere, di parlare di un altro racconto, mantenendo sul volto una espressione come a dire: "Il tuo libro mi fa schifo ma sono costretto a farti queste domande, quindi cerchiamo di fare in fretta". Sono rimasta allibita e non l'ho più guardato.
    Sono d'accordo con Stella, riguardo ai Cassano & C.. Proprio per questo mi chiedo: perché una persona "comune" che si diletta a scrivere deve sempre preoccuparsi di dire che lo fa per hobby, che non "oserebbe" mai pensare a una eventuale pubblicazione, diversamente verrebbe presa per scema o sprovveduta, mentre Cassano e compagnia bella possono pubblicare tranquillamente e nessuno fa una piega? Anzi, i libri glieli promuovono anche.
    Lo so che si tratta di operazioni di marketing per la casa editrice, per il personaggio del momento e di aumento di ascolti per la trasmissione che lo ospita.
    Ma, appunto per questo motivo, perché certi scrupoli... letterari, se così posso dire, se li devono fare soltanto le cosiddette persone comuni?
    Mi sa tanto che sono andata fuori tema.

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  10. Questo dibattito sta diventando particolarmente stimolante, perciò provo a riassumere in un unico post quello che mi è venuto in mente leggendo i vostri commenti (di ritorno dal compleanno... che ne dite, proclamiamo il 30 gennaio festa nazionale dei genitori? eheh):
    a Barbara mi viene da dire che forse noi "gente comune" dovremmo liberarci dei nostri sensi di inferiorità nei confronti dei vip perché, se qualcuno di noi scrive qualcosa che vorrebbe pubblicare, possa dichiararlo senza problemi. Certamente, ci sarà chi dirà che è una pretesa assurda, ma anche il libro di Cassano viene criticato (e Cassano se ne infischia...).
    A tal proposito, direi che questo tipo di libri va considerato per quel che è, cioè qualcosa che con la letteratura non ha nulla a che vedere. Diverso è invece il discorso di altri testi, che sono giudicati più o meno positivamente da critica e/o lettori e sui quali era forse partita la riflessione di Barbara. Tanto per fare un esempio, ho letto poco tempo fa "L'eleganza del riccio", che mi era stato presentato molto negativamente e personalmente l'ho trovato una lettura piacevole, con qualche spunto narrativo interessante. Poi Rotino durante il corso ne ha dato un giudizio tranchant, criticando il personaggio della ragazzina, perché secondo lui era poco verosimile; personalmente, in base alla mia esperienza con i ragazzi, ho trovato quel personaggio piuttosto realistico ... insomma, esiste una fetta di letteratura per la quale è difficile dare un giudizio di valore prima di aver letto personalmente e forse anche dopo...

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