Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


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lunedì 22 novembre 2010

Sulla creatività - traduzione della prima parte

Rispondo all'appello di Manuela, traducendo la prima parte del filmato (seguirà poi la seconda):

Sono una scrittrice scrivere libri è la mia passione, ma è più di questo, ovviamente. È anche l’amore ed il fascino della mia vita e non mi aspetto che possa cambiare. Ma detto questo qualcosa di particolare è successo recentemente nella mia vita e nella mia carriera che mi ha portato a ricalibrare l’intero rapporto con questo lavoro.
La cosa particolare è che ho recentemente scritto questo libro, questa biografia chiamata “mangia, prega, ama” la quale diversamente dai miei precedenti libri, per qualche ragione è uscita ed è diventata un grande best seller internazionale.  Il risultato è che ovunque vada ora, le persone mi trattano come se fossi condannata; mi chiedono se non ho paura di non riuscire più a fare meglio di così, a scrivere un libro che importi a qualcuno.
Venti anni fa, quando dicevo che volevo fare la scrittrice, avevo la stessa reazione: “non hai paura di non riuscire ad avere successo?” “Non hai paura dell’umiliazione?” la mia risposta è sì, ho paura di questo come di molte altre cose spaventose. Ma quello che pensavo ultimamente è “perché? È razionale che uno si senta così spaventato di fronte ad un lavoro che sente di essere nato per fare?”
Perché la creatività spaventa le persone? Mio padre era ingegnere chimico e nessuno nei suoi 40 anni di lavoro gli ha mai chiesto se fosse spaventato di esserlo. È vero che gli ingegneri non hanno la reputazione di essere instabili mentalmente, mentre i creativi sì. Molti creativi del ventesimo secolo si sono suicidati e anche gli altri sembrano essere realmente disfatti dai loro doni. Norman Maller disse prima di morire che ogni suo libro lo aveva ucciso un poco di più. È una cosa strana da dire riguardo al proprio lavoro, ma ormai abbiamo interiorizzato l’idea che l’arte e la creatività siano legate alla sofferenza e che alla fine conducono all’angoscia. A me non va bene questa cosa, penso che sia pericolosa e non vorrei che si perpetuasse nel prossimo secolo. Sarebbe meglio invitare le nostre menti creative a scrivere e so che nel mio caso sarebbe molto pericoloso. Io ho quarant’anni, posso scrivere per altre quattro decadi e quello che scriverò verrà probabilmente giudicato come il lavoro uscito dopo il mio ultimo libro.  Forse il mio maggior successo è alle mie spalle, è un’idea che porta a bere gin fin dalle nove di mattina e io non voglio farlo. Quindi il modo migliore per continuare a scrivere è quello di trovare un supporto protettivo tra me che sto scrivendo e la mia naturale ansia. E mentre cercavo per tutto l’anno scorso modelli su come farlo ho cominciato a guardare ad altre società per vedere se avevano modi migliori per tutelare le persone creative dai rischi emotivi della creatività e questa ricerca mi ha portato all’antica Grecia e all’antica Roma, dove le persone non sembravano credere che la creatività venisse dagli uomini; si pensava che venisse da uno spirito divino per ragioni sconosciute; i greci chiamavano questi divini spiriti “demoni”.  Socrate, meravigliosamente, credeva di avere un demone che elargiva saggezza da lontano; i Romani erano della stessa idea, ma chiamavano quella specie di spirito senza corpo un genio, il che è grandioso, perché i romani non pensavano davvero che il genio fosse qualcuno particolarmente intelligente, ma credevano che un genio fosse questa specie di entità divina che si credeva vivesse letteralmente nei muri dello studio di un artista, un po’ come l’elfo Dobby, e che venisse fuori ad assistere di nascosto il lavoro dell’artista e a modellare il risultato di quel lavoro. Questa è la distanza della quale parlo dal risultato del tuo lavoro; tutti sapevano che era così che funzionava. Così gli artisti antichi erano protetti da certe cose, come per esempio il troppo narcisismo. Se il tuo lavoro era eccezionale, non potevi prendertene tutto il merito, tutti sapevano che eri stato aiutato da questo genio incorporeo. Se il tuo lavoro falliva, non era tutta colpa tua, tutti sapevano che era il tuo genio ad essere un incapace. E così le persone hanno concepito la creatività in occidente per molto tempo. Poi il Rinascimento arrivò e tutto cambiò e nacque questa grande idea: mettiamo l’essere umano al centro dell’universo sopra tutti gli dei senza lasciare spazio alle creature mitiche che scrivono dettate dalla divinità. Questo fu il principio dell’umanesimo razionale e le persone cominciarono a pensare che la creatività venisse completamente dall’individuo. E per la prima volta nella storia si cominciò a riferirsi a questo o quell’artista come ad un genio, piuttosto che ad una persona con del genio e credo che fu un grosso errore. Penso che permettere ad una semplice persona di credere di essere la fonte, l’essenza e la sorgente di tutti i misteri divini, inconoscibili ed eterni sia una responsabilità troppo grande da dare alla fragile psiche umana. Deforma e distorce completamente l’egoe crea tutte queste ingestibili aspettative sulla performance. E penso sia stata questa pressione ad aver distrutto gli artisti nei passati cinquecento anni. Ed ora, possiamo fare diversamente, magari tornare ad una comprensione più antica della relazione tra umani e mistero creativo?

1 commento:

  1. Al seguente link potete visionare il servizio sulla presentazione del nuovo portale dedicato alla creatività romana, RomaProvinciaCreativa.it

    http://www.uniroma.tv/?id_video=18238

    Ufficio Stampa uniroma.tv
    info@uniroma.tv
    http://www.uniroma.tv

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