Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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domenica 23 ottobre 2011

LA PASSANTE - di Matteo Biserna


Incontrarsi è casuale, l'ho sempre pensato, eppure a volte intuisco una logica dietro una coincidenza.
Stavo leggendo un libro seduto su una panchina, pausa tra due appuntamenti, alle 19:00 di un giovedì estivo. Avevo scelto un luogo appartato, un parco ancora in sistemazione in attesa dell'inaugurazione, un breve tracciato di ghiaia, disarmonica linea obliqua tra un parcheggio e le vecchie mura della città. Davanti a me solo panchine, lampioni, arredi urbani nuovi, inesorabilmente danneggiati dai perdigiorno del centro storico più per disprezzo che per l'urgenza di lanciare un messaggio. Chinai il capo e a terra, lattine di birra e mozziconi indicavano baldoria la sera precedente o qualcosa del genere.

Stavo attraversando un momento di trascurabile angoscia, favorito anche dal libro, l'ennesimo bestseller, lontano dal proporre qualcosa di interessante, diciamo che si girava intorno al colpo di scena da oltre duecento pagine. Osservando al di là della recinzione a rete in plastica arancione, scorgevo auto a spina di pesce, parevano quasi abbandonate da mesi.
In questi momenti tutto costituisce distrazione e, con la coda dell'occhio, controllavo un pachistano calvo sui quaranta, che si rinfrescava i piedi nudi in una fontanella lontanissima. Poi lo persi di vista e sparì. Mi rimisi nella lettura, mancava ancora mezz'ora al mio impegno, e vidi la ragazza, camminava seguita da un cagnolino che si trascinava al guinzaglio. Lui si fermava, annusava, tentava di alzare la zampina e lei, con lo sguardo altrove, lo strattonava, sollevandolo dal suolo. Portava una canottiera e un paio di mini pantaloni verde militare, scarpe da tennis bianche leggere, Superga, consumate e logore, alla moda. La mia prima impressione fu quella di centinaia di ragazzine ravennati col cagnolino, paghetta o stipendio part time, unica preoccupazione controllare l'I-Phone più spesso possibile. Tornai al libro, ma poi la testa si voltò nuovamente verso lei, uno scatto meccanico. Si stava avvicinando ed ebbi modo di notare dei dettagli prima trascurati: gli occhi erano veramente grandi e verdi, non era truccata, (punto a suo favore) e possedeva una struttura fisica molto esile e longilinea.
I capelli, castani, lunghi, le scendevano setosi sulla spalla sinistra. il colorito era pallido, nonostante il periodo caldo, e sulla coscia batteva ritmicamente una minuscola borsa in pelle marrone, dalla lunga tracolla, indispensabile per cellulare, sigarette e poco altro. Nel complesso ebbi l'inspiegabile sensazione che stesse vivendo un brutto momento, ma forse ero solo io a riflettermi in lei.
Eccola a meno di cinque metri, la mia attenzione, ora praticamente totale, mi fece notare il numero di nei sulle braccia e sul viso, tutti nel punto giusto, non stonavano. Sebbene l'avessi etichettata solo "carina" ora dovevo ammettere che era davvero bella ed anche immensamente sola.
Il momento in cui mi passò davanti mi permise di fotografarne il profilo, contro l'ultimo sole, mi stupii per come la mia visione di quel passaggio era mutata nell'arco di cinque secondi. Una sconosciuta con un irrilevante cagnolino che tagliava il parco era stata la presenza più gradevole della mia giornata. Ormai la vedevo di spalle, apprezzai delle inflessioni, dei rallentamenti nella sua andatura, mi piacque pensare di essere il responsabile di quel tentennamento, forse il mio sguardo le aveva fatto perdere un po' di quella finta sicurezza adolescenziale. Non ci furono contatti tra noi, neppure uno e lei continuò a seguire il sentiero di ghiaia biancastra, poi si immise nel parcheggio, abbassandosi per poter passare sotto la recinzione in plastica, che in quel punto era stata abbattuta, scorciatoia verso il parcheggio.
Pensai alle "passanti" di De Andrè, ma anche a quel “Piccolo Autogrill” di Guccini, sorrisi e chiusi il libro, pagina 215, sapevo che non lo avrei più riaperto.

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