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venerdì 2 settembre 2011

“Il memoriale della Repubblica”


Intervista di Manuela Angelini a Miguel Gotor

Durante il rapimento che si concluse con la sua uccisione, Aldo Moro scrisse un memoriale che è al centro del volume Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano (Einaudi).
L’autore, Miguel Gotor, insegna Storia moderna all'Università di Torino e nel 2008 ha curato, sempre per Einaudi, la pubblicazione delle Lettere dalla prigionia di Aldo Moro, mentre quest’anno è uscito per Laterza il libro-intervista a Pierluigi Bersani Per una buona ragione, scritto insieme all’attuale direttore de L’Unità Claudio Sardo.


Il memoriale, un corposo saggio di 624 pagine, non ripercorre i 55 giorni del “caso Moro” (dal 16 marzo 1978, giorno in cui fu rapito dalle Brigate Rosse, al 9 maggio 1978, in cui fu ritrovato il corpo), ma racconta la ricerca delle carte scritte dall’allora presidente della Democrazia Cristiana durante la prigionia.
«Il memoriale è formato, da una parte, dalle risposte date da Moro alle Br nel corso del processo a cui lo statista fu sottoposto – dice Gotor – e, dall’altra, da un testamento spirituale, politico e civile in cui egli riflette sulla propria vita».

Come è strutturato il libro?
«Vi sono tre grandi pilastri. Il primo è il racconto della ricerca delle carte, ritrovate in parte nell’ottobre del 1978 e in parte nel 1990. Il secondo pilastro è l’anatomia del potere italiano, cioè uso il memoriale di Moro come sonda per scandagliare la storia del Paese dal 1978 alla crisi di Tangentopoli nel 1993. Infine, il terzo pilastro consiste in una riflessione sulla generazione che alla fine degli anni Settanta era giovane, analizzando il modo in cui quelle persone sono cambiate dopo la crisi delle speranze e dei progetti rivoluzionari».

Questo terzo pilastro racconta dunque una disfatta?
«Sì, ma è una disfatta “furba”, carica di compromessi e rimozioni. Pensiamo a quanti extraparlamentari di sinistra negli anni 90 hanno trovato in Berlusconi un punto di approdo…».

Torniamo a Moro. Le carte ritrovate sono dattiloscritti o fotocopie dei manoscritti. Dove sono finiti gli originali?
«Non lo sappiamo. E il problema della scomparsa è acuito dal fatto che le Br avevano dichiarato che avrebbero distribuito le risposte di Moro agli interrogatori, perché nulla doveva essere nascosto al popolo».

E quindi?
«Le Br, quando i loro leader sono stati arrestati, hanno sostenuto di averli bruciati, ma allora perché hanno conservato le fotocopie? Il presidente della Commissione stragi Giovanni Pellegrino ritiene che le carte siano state oggetto di trattative segrete tra le Br e realtà che non sappiamo identificare».

Lei ha scritto che l’Italia, dopo il caso Moro «sembra avere smarrito il sentimento del suo sviluppo e la coscienza della propria funzione nel sistema delle nazioni più avanzate». Cosa significa?
«L’Italia ha avuto un ciclo di sviluppo, non solo economico, tra il 1945 e il 1975. La vicenda Moro nel 1978 rappresenta uno spartiacque che dà origine a una fase di declino in cui siamo tuttora immersi. Una fase di crisi non solo sul piano politico ed economico, ma anche come sentimento: gli italiani sono molto insoddisfatti. Paghiamo lo scotto di quella ferita, ma non sappiamo cosa sarebbe successo se non ci fosse stata».

1 commento:

  1. Molto interessante e riguarda un periodo che è troppo vicino per averlo studiato sui libri di storia e tuttavia troppo lontano per averlo conosciuto e capito "in diretta". Mi riservo di leggerlo appena mi sarò un po' sistemata con gli impegni vari.

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