Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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domenica 28 agosto 2011

TOPO GEREMIA CERCA MOGLIE - di Francesca Mairani

C’era una volta un topino grigio che abitava nella soffitta di una grandissima casa. Era un topino molto fortunato, perché aveva un buon posticino dove dormire – il fondo di un baule, pieno di vecchi e morbidi vestiti – e un comodo abbaino tramite il quale poteva entrare ed uscire a suo piacimento. La soffitta era fresca e asciutta e non mancavano mai cose da fare: vecchi giornali da rosicchiare, dischi in vinile da far rotolare sul pavimento, molle arrugginite sulle quali dondolarsi.

Topo Geremia – questo era il suo nome – trascorreva delle giornate molto piacevoli. Ma, quando arrivava sera, e il sole tramontava tingendo di arancione l’orizzonte, gli veniva un po’ di malinconia. Si sentiva solo. Veniva da una famiglia numerosa, il suo papà e la sua mamma, due topi molto perbene, avevano avuto decine di figli e se anche qualche volta a tavola mancavano persino le briciole, tutti erano molto allegri e felici in compagnia.
Lui, invece, aveva il pane e il companatico. Ma nessuno con cui giocare. Nessuno con cui fare due chiacchiere prima della nanna. Nessuno a cui raccontare i suoi sogni al mattino.
Fu così che Topo Geremia, un giorno, prese il coraggio a quattro mani e decise di andare a cercarsi una moglie.
La grande casa dove viveva era divisa in piani. In alto c’era la soffitta. Sotto le camere da letto. Sotto ancora sala e cucina. E in fondo la cantina.
Topo Geremia pensò di iniziare proprio dal piano sottostante. Sapeva che abitavano altri topolini, nella casa, ed era molto curioso di fare la loro conoscenza. Chissà che fra loro non si potesse trovare anche la sua anima gemella!
Così uscì dall’abbaino, scese con attenzione dalla grondaia e si infilò nella finestra della camera da letto dei padroni di casa. Era una stanza molto grande e arredata con eleganza. Un letto con una coperta ricamata a grandi rose rosse. Un lampadario con perline di tanti colori. Un armadio enorme di legno chiaro e due comodini.
E proprio dall’armadio vide uscire una topina con un bottone dorato fra le zampe. La topina si accorse di lui e gli fece un grande sorriso.
“Ciao sconosciuto. Che ci fai lì impalato?”
“Mi chiamo Topo Geremia. Vengo dalla soffitta.”
“Oh… il famoso topo della soffitta. Ci chiedevamo spesso quando ti saresti deciso a farci visita”.
La topina era veramente graziosa. Aveva il pelo lucido, dei baffetti folti arricciati sulle punte e, avvolto alla codina, un nastro di seta rosa con un grande fiocco.
Topo Geremia la guardava affascinato.
“Io mi chiamo Chantal e vivo qui nella camera da letto con alcuni cugini e cugine. Adesso gli altri sono fuori, in cerca di cibo. Io invece stavo riordinando la mia collezione di bottoni”.
“Bottoni?”
“Certo, bottoni. Ne ho di tutti i tipi, sai? Rosicchio i fili che li trattengono alla stoffa e poi li ripongo in quella scatola sotto la scarpiera. Ho bottoni di plastica, di metallo, bottoni di strass che sembrano gioielli, bottoni ricoperti di cuoio, bottoni piccoli come caramelline, grandi come monete, bottoni lisci, ruvidi, opachi, lucidi e i più belli, i bottoni di madreperla.”
“E fai questo tutto il giorno? Riordini bottoni?”
“Nooo. Mi occupo anche di altre cose. Mi liscio il pelo, mi arriccio i baffetti, mi spazzolo la coda. E poi ho dei nastri bellissimi. Ti piace questo rosa? Ne ho anche di azzurri, verdi, gialli, viola e blu. E uno speciale che quando lo muovi alla luce cambia colore”.
Topo Geremia pensò che una topina così raffinata non si sarebbe adattata a vivere nella sua soffitta. Non si sarebbe divertita giocando a nascondino fra vasi di fiori sbeccati o sfogliando vecchi album di cartoline illustrate. Così la salutò con un inchino compito e riprese la sua ricerca.
Sempre scivolando lungo la grondaia, Topo Geremia arrivò in cucina. La stanza era piena di luce e di profumi deliziosi. Sul pavimento alcune briciole attirarono la sua attenzione.
“Serviti pure, amico. Ma stai attento. Qualche volta passa di qui Gatta Pasquina e allora è meglio trovarsi nascondiglio sicuro”
Topo Geremia si girò di colpo e si trovò di fronte una graziosa topina, con una bella panzarotta rotonda, le guanciotte piene e un’ombra di zucchero a velo sopra i baffetti. Il suo pelo emanava un delizioso odore di vaniglia.
“Io mi chiamo Crostatina e sono nata qui in cucina. Tu chi sei?”
“Mi chiamo Topo Geremia. Vengo dalla soffitta”.
“Oh… il topo della soffitta! Abbiamo sentito parlare di te. Sei venuto a visitare la casa?”
“Beh… più o meno” disse il topino mantenendosi sul vago.
“Questa stanza è la più bella di tutto il piano. Sì, certo, c’è anche la sala, con i divani di pelle e il tappeto persiano. Ma non ci sta mai nessuno, è di una noia mortale. Invece qui in cucina ci sono sempre un sacco di cose da fare. E di cose da mangiare! Vedi, quella lassù è la scatola dei biscotti. Ce ne sono alle mandorle, al cioccolato e persino con la marmellata di albicocche. Vicino al forno c’è il frigorifero: non è facile da aprire, ma dentro puoi trovare i formaggi, il latte e, con un po’ di fortuna, anche qualche avanzo di budino. Se hai i denti buoni, nel cestino sul tavolo c’è la frutta secca. Ti consiglio i pistacchi, sono davvero deliziosi”.
Topo Geremia pensò che quella topina era abituata a mangiare cose molto appetitose e difficilmente si sarebbe accontentata degli avanzi che rimediava lui uscendo dall’abbaino. Non se la vedeva proprio a rosicchiare semi di grano o pezzetti di pane secco. No. Evidentemente neanche Crostatina era la topina adatta a lui. Si accomiatò con un inchino compito e poi intraprese la via del ritorno, ormai rassegnato all’idea che, almeno per il momento, non fosse possibile per lui trovare una compagna.
Quando aveva già iniziato la sua risalita dalla grondaia, gli venne però in mente che mancava un piano, alla sua esplorazione. Non aveva infatti visitato la cantina.
La cantina si trovava nei bassifondi della casa e non aveva buona fama, fra i topi. Si diceva che vi vivessero ratti grossi come gatti, con il pelo nero e sporco e occhi rossi per vedere anche al buio. Si diceva anche che nessun topo perbene si fosse mai spinto così lontano e chi ci aveva provato non aveva più fatto ritorno.
L’idea di un posto così poco ospitale non attirava certo Topo Geremia, ma si era ripromesso di visitare tutta la casa e così avrebbe fatto. Invertì la direzione di marcia e con aria risoluta si diresse verso la cantina.
Là sotto era buio davvero, ma Topo Geremia non si lasciò intimidire. Dopo qualche minuto i suoi occhi si abituarono all’oscurità e riuscì a muoversi con una certa sicurezza. L’aria era fresca e umida, ma l’odore non gli dispiaceva. Un misto di carta bagnata, fiori appassiti e legno stagionato.
Proprio dietro un vecchio armadio tarlato, vide una topolina con un tappo si sughero fra le zampe.
Aveva il pelo molto scuro, con un ciuffettino bianco proprio sotto la gola. Era piuttosto spettinata ma non sporca, con due grandissimi occhi neri che lo guardavano divertiti.
“E tu da dove spunti? Sembri un damerino dei piani alti”.
“Mi chiamo Topo Geremia. Vengo dalla soffitta. Forse hai sentito parlare di me”
“Oh, noi non abbiamo molti contatti con gli altri topi della casa. Ci considerano troppo rozzi. Meglio così, a noi non piacciono i pettegolezzi. Vuoi un po’ di torsolo di mela? Ne ho trovato uno rosicchiato solo a metà che è una delizia.”
Topo Geremia accettò di buon grado. Erano diverse ore, ormai, che non metteva nulla nello stomaco.
La topina, il cui nome era Nerina, lo fece accomodare in una scatolina di cartone con della stoppa dentro. Era morbida e odorava di erba secca. Topo Geremia si sedette mentre la topina si sistemava sul tappo di sughero davanti a lui. Chiacchierarono a lungo. Nerina gli raccontò di tutte le cose divertenti che si potevano fare in cantina. C’erano chiodi arrugginiti e vecchi bulloni con cui giocare alle costruzioni. La sella della bicicletta, di cuoio morbido, su cui saltellare. Le bottiglie di vino impolverate su cui disegnare buffi ghirigori. Anche Topo Geremia raccontò a lungo della sua bellissima soffitta. Della luce del mattino che entrava di sghembo dell’abbaino. Delle fotografie in bianco e nero con signore ingioiellate. Di un vecchio paio di bretelle su cui si poteva fare l’altalena.
Parlarono così a lungo che arrivò sera. Nerina chiese al nuovo amico se voleva fermarsi a cena e Topo Geremia accettò ringraziando. A patto, però, che lei gli restituisse presto il piacere di una visita. Era sicuro che Nerina sarebbe stata entusiasta della sua soffitta. E chissà… forse avrebbe deciso di fermarsi per sempre. 

Francesca Mairani

5 commenti:

  1. Che bella favola! Complimenti, Franz, proprio proprio carina!
    manuela

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  2. finalmente ho capito dove finiscono i bottoni! :) Ribadisco: trova un'illustratrice e buttati. Il mercato dell'editoria per bambini riserva sorprese! LaAnto

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  3. Sono assolutamente d'accordo con LaAnto e azzarderei anche oltre... perché non provi tu a fare qualche illustrazione? Ho il sospetto che, con la tua passione per le grafic novels, qualcosa di buono tu sappia fare anche con la matita...

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