Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


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domenica 5 settembre 2010

Un giorno di scuola (di Lorella)

Con la scuola che comincia, i miei pensieri sono concentrati là: vi propongo questo brano scritto qualche tempo fa, mi date la vostra opinione?

- Prendete l’antologia, oggi leggiamo un brano tratto da un libro che parla della Shoah… fate bene attenzione, perché ci saranno dei riferimenti a quello che abbiamo studiato in storia proprio la volta scorsa… Andrea, ti dispiacerebbe smettere di frugare nello zaino e starmi un po’ a sentire? –
- No, prof, è che non trovo il libro… mi sa che non c’è…-
- Ah, e dov’è andato? – gli chiedo.
Qualche compagno di classe ridacchia; Stefano interviene:
- Prof, cos’è la Shoah? –
- Stefano, dov’eri quando ho spiegato storia martedì scorso? –
- Boh… - mi guarda perplesso.
- No, no, lui c’era! – dice Marina, che non ha colto l’ironia della domanda.
- Comunque, la Shoah… - comincio, rassegnata; ma sarà vero che “repetita iuvant” ?
Alcuni ragazzi voltano il viso verso la porta dell’aula, che sono solita lasciare aperta durante le lezioni, perché il tipo di costruzione in cui ci troviamo, insieme al numero consistente di alunni, provocano all’interno della stanza un caldo difficilmente sopportabile.
Istintivamente, anch’io mi giro, interrompendo il discorso e vedo spuntare da dietro lo stipite un viso vagamente familiare; mi serve qualche secondo per mettere a fuoco l’immagine e collegarla ai miei ricordi: - Marco? – lui sorride.
- Buongiorno, prof. – Quel saluto, negli anni diventa una specie di formula, che i ragazzi, dopo aver fatto tanta fatica ad impararlo, non si scrollano più di dosso. Mi capita di incontrare ex- allievi di pomeriggio o di sera, o a passeggio nel Corso ed invariabilmente mi apostrofano: - Buongiorno, prof.! – strappandomi un sorriso.
- Ciao, Marco, come stai? Ragazzi, vi ricordate di Marco? – qualcuno annuisce, qualcun altro fa una faccia dubbiosa.
Qualcuno di loro è arrivato nella scuola dopo che Marco se ne era già andato. Le nostre classi continuano ad infoltirsi nel corso di tutti e tre gli anni.
- Allora, cosa ci racconti? Come ti trovi alla scuola superiore? –
Comincio con le domande di rito, alle quali seguono le risposte di rito: non c’è male, alle superiori è più dura, ce l’aveva detto lei, ma sa che ho preso sette in matematica, in classe con me c’è anche…
È sempre un po’ imbarazzante trovarsi davanti qualcuno che si è conosciuto bambino e che torna quasi già uomo, con un accenno di barba che già spunta sulle guance, e così alto che si è costretti
ad alzare il volto per guardarlo in quel viso reso familiare dalla triennale frequentazione assidua, ed allo stesso tempo fatalmente estraneo, per ciò che su di esso il tempo e le nuove esperienze vanno disegnando.
Ci sono ex- alunni che tornano sempre a trovarmi, mentre altri non si fanno più vedere; e spesso non sono i migliori che si ripresentano, quelli di cui sono andata più orgogliosa, perché mi scrivevano bei temi e sapevano esporre in maniera eloquente gli argomenti; no, quelli di solito vanno dritti per la loro strada, a raccogliere ancora successi nelle scuole superiori, mentre noi li
seguiamo a distanza, chiedendo informazioni a qualcuno, per essere rassicurati sul fatto che il loro talento ed il nostro lavoro non sono stati sprecati.
Invece spesso ritornano i ragazzi che, pur non ottenendo brillanti risultati, nella scuola hanno rovato una casa e negli insegnanti hanno riposto un affetto sincero, anche se manifestato nel modo a volte balordo, tipico di quella strana età.
A volte mi viene nostalgia di rivederne qualcuno, che non è più tornato; ma non nutro verso questo loro apparente oblio alcun rancore, perché anch’io sono stata un’alunna che non si voltava indietro e raramente ho fatto visita ai miei ex- insegnanti, anche se porto alcuni di loro ancora nel cuore, dopo tanti anni.
- Lei sa, prof, cos’è successo a Daniel, vero?- dice Marco, con aria seria.
- No, non l’ho più visto, cos’è successo? – chiedo di rimando.
- Ha avuto un brutto incidente: adesso è a Cesena in rianimazione –
- Cosa? Ma quando? Com’è successo? – anche i ragazzi della prima fila si zittiscono, interessati, mentre gli altri continuano a parlottare tra loro, ignari ed indifferenti.
E Marco racconta di come Daniel si fosse comprato lo scooter nuovo, quello scooter che sognava da tanto (me lo ricordo, in terza media, quando ancora non poteva averlo, perché era nato a dicembre, quanta invidia verso i compagni che già facevano il corso per il patentino!), rosso fiammante, con tutti gli optional. No, non andava troppo forte, figurarsi, lo trattava come un figlio, quello scooter tanto desiderato! Solo che un giorno, appena uscito di casa per andare a scuola, si era trovato davanti un camion; no, non era distratto, aveva rallentato, aveva frenato… ma dal cassone del camion, chissà come, era scivolato giù qualcosa…Marco non sapeva bene cosa… un pesante
oggetto metallico; probabilmente non era stato fissato bene… ed era finito proprio in faccia a Daniel… mandibola fratturata, trauma cranico…
Mentre Marco racconta, rivedo Danny (così lo chiamavano gli amici) seduto lì, nel banco a destra dove ora Salvatore sta approfittando di questa insperata pausa nella lezione per copiare i compiti di matematica dal suo compagno di banco.
Mi tornano in mente gli errori di ortografia che Danny si ostinava a fare nei temi e che inutilmente gli avevo spiegato e rispiegato; i bisticci con i compagni, le scuse inventate per giustificare lo studio mancato, le volte in cui avevo cercato di consolarlo per il suo grande cruccio riguardo alla sua statura, che si ostinava a rimanere inspiegabilmente sotto la media, nonostante l’altezza dignitosa di entrambi i genitori.
In quella classe, se mi avessero chiesto chi rischiava di rimanere coinvolto in qualche guaio, avrei detto Michael o Alex o magari Giovanni, non certo Danny… Magari potrei andarlo a trovare…
- No, non sono andato a trovarlo – dice Marco – mi hanno detto che i genitori preferiscono non avere gente intorno e lui, tanto, non riconosce nessuno… per il momento…-
- Adesso vado, Lei deve fare lezione – dice Marco, accomiatandosi.
Passiamo ai saluti di rito:- Bene, grazie della visita. Ragazzi, salutate Marco che ci è venuto a trovare! Quando passi di qui, ci fa sempre piacere vederti, d’accordo? –
Dalla classe si leva un “ciao” collettivo, mentre qualcuno fa il gesto di alzarsi in piedi, come d’abitudine di fronte agli adulti che entrano in classe. Marco fa un ultimo gesto con la mano e si
allontana nel corridoio.
Qualcuno, che è stato attento alla conversazione, chiede:
- Chi è che ha avuto un incidente? –
Ma già qualcun altro interviene:
- A che scuola va Marco? –
- In che classe era? –
- Quanti anni ha?-
- Posso andare in bagno? -
- Adesso basta! Riprendiamo la lezione –
Richiamando gli studenti all’ordine, prendo in mano l’antologia e cerco il brano da leggere, mentre in una parte della mia mente rimane l’immagine di quell’altra classe, che si è materializzata durante il racconto di Marco; nel banco a destra l’immagine di Danny si sovrappone a quella di Salvatore e nello stomaco si materializza uno strano senso di pesantezza.

6 commenti:

  1. Quando facevo la prima media, un ragazzo di terza ebbe un brutto incidente con la vespa. Si salvò per il rotto della cuffia e dovettero amputargli una gamba. Era un ragazzo molto carino, molto popolare nella scuola.
    Non so cosa sia stato di lui. Non eravamo amici. Due classi di differenza sono un abisso, a quella età. Ma il racconto di Lorella mi ha fatto ripensare a lui. Al dolore che provai, sebbene lo conoscessi solo di vista. All'angoscia che sentivo guardando i volti stravolti dei suoi compagni di classe.
    Non so se questo è il tipo di commento che ti aspettavi, Lorella. Io voglio solo ringraziarti per avermi regalato questo ricordo. Che è triste ma tenero al tempo stesso. E che è mio.

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  2. Il punto di vista dell'insegnante. E se ti rubassi il racconto e scrivessi la stessa scena ma raccontata da Andrea o da Salvatore o perchè no dalla secchiona Marina?

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  3. Cara Stella, mi piace talmente l'idea che oggi, mentre rileggevo il brano prima di pubblicarlo (l'ho scritto qualche tempo fa), mi era perfino balenata, ad un certo punto... mi piacerebbe molto sentire come racconterebbe la scena uno di loro, anzi, se qualcun altro vuol provare, si potrebbe tentare di farlo anche dal punto di vista di Marco (il ragazzo in visita) o del bidello... magari ne tiriamo fuori un racconto corale, o qualcosa del genere, che ne dite?

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  4. Uno dei ricordi più belli che ho della scuola è legato all'insegnante di lettere che ho avuto in terza media. Aveva un modo di intendere la scuola molto "avanti" rispetto ai suoi colleghi. Ricordo che ci divise in gruppi, affidando a ciascun gruppo un argomento di attualità sul quale lavorare durante l'anno. A fine anno il risultato di questo lavoro confluì in una piccola tesi. Io capitai nel gruppo cui affidò come strumento di lavoro un libro splendido, che ricordo ancora oggi con molta commozione: "Rapporto da 118 case di rieducazione per minorenni", l'argomento era relativo all'emarginazione minorile. La lettura di quel libro per me fu uno shock vero e proprio, all'improvviso mi resi conto che esisteva un altro diverso da me. Quel libro allora mi fece star male, ma oggi ringrazio ancora quell'insegnante. Forse non era questo il commento che volevi, ma è quello che il tuo post mi ha fatto tornare in mente e ti ringrazio per questo.

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  5. Si, a dire il vero io pensavo a commenti "tecnici", ma visto che scrissi questo brano sulla suggestione di ricordi scolastici, mi fa piacere vedere che ne avete colto lo spirito e che vi ha dato questo tipo di suggestioni, vuol dire che in qualche modo coglie nel segno.

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  6. Stella, hai provato a fare il racconto dal punto di vista degli studenti? Sono curiosa...

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