Ecco le affermazioni di alcuni autori:
Doris Lessing: scrivo perché sono un animale scrittore.
Gabriel García Márquez: perché i miei amici mi amino di più.
Ernesto Sabato: scrivo per non morire di tristezza in questo paese disgraziato!
Jean-Paul Sartre: scrivo perché non sono felice. Scrivo perché è un modo di lottare contro l’infelicità
Italo Calvino: in un certo modo, penso che sempre scriviamo su qualcosa che non conosciamo, scriviamo per dare al mondo non-scritto un’opportunità di esprimersi attraverso di noi. Ma, a partire dal momento in cui la mia attenzione vaga dall’ordine prestabilito delle linee scritte verso una complessità mutevole che nessuna frase potrà apprendere totalmente, credo di capire che al di là delle parole c’è qualcosa che le parole potrebbero significare.
E noi, perché scriviamo?
Vedo che avete tutti fatto un passo indietro di fronte a questa domanda "epocale"! Bravi! Scherzo!
RispondiEliminaIo scrivo perchè mi piace raccontare storie.
Stella
Nel mio caso la domanda giusta sarebbe: perché non scrivi?
RispondiEliminaE la risposta non è facile. Se avete tempo da perdere, comincio a spiegarla partendo da lontano.
Ho cominciato a scrivere racconti da ragazza, per puro spirito di emulazione. Da sempre ero un'appassionata lettrice e volevo provare anch'io a stare dall'altra parte del foglio bianco. Si aggiunga che all'epoca avevo un moroso che scriveva racconti e il gioco è fatto.
Mi sono accorta però che non raccontavo storie, ma emozioni, spesso le mie. Per cui i miei racconti si traducevano quasi sempre in autosvelamenti (assai imbarazzanti) dei miei pensieri e dei miei sentimenti. Magari erano confezionati anche benino, questi strep tease mentali, ma la cosa - a mio parere - non funzionava.
Così ho smesso di scrivere racconti. Al di là delle dichiarazioni degli scrittori riportate nel post (molto poetiche ma, credo, poco realistiche o comunque parziali) credo che si debba scrivere perché si hanno storie da raccontare, come dice Stella.
Io non ne ho, e allora preferisco leggere quelle degli altri...
avevo scritto un commento ed è sparito... lorella, puoi verificare? grazie!
RispondiEliminamanuela
Trovato! Non so perché, ma era stato catalogato come spam (non da me, ovviamente, dal blog, in automatico).
RispondiEliminaComunque, visto che ora è riapparso, devo dire che probabilmente sono molte le persone che, come Manuela, scrivono le proprie emozioni piuttosto che racconti. Personalmente non credo che questa sia una forma di scrittura da censurare, almeno se non diventa una specie di autoterapia. Mi è capitato di leggere dei bei libri che non raccontavano storie, ma emozioni: se queste sono in qualche modo universali, cioè se hanno "qualcosa in comune" con il lettore, sono comunque una piacevole lettura. Certo, non sono un racconto o un romanzo.
Personalmente, sono sempre stata affascinata dalle parole, dal modo in cui si compongono nella frase a formare suoni che evocano immagini e storie. L'abilità tecnica dei narratori nell'uso del linguaggio è quella che più mi affascina. Il contenuto mi colpisce solo in seconda battuta. Forse è per questo che i narratori del passato mi piacciono più di quelli di oggi, di solito (con le debite eccezioni): la lingua, mi pare, si va progressivamente impoverendo dal punto di vista lessicale e sintattico e questo mi provoca un certo senso di piattezza dell'espressione.
Poi, nel caso del mio chirurgo, invece, mi era semplicemente balenato in testa un personaggio che premeva per uscire... ma questa è un'altra storia...
Mi piacerebbe rispondere che per me scrivere è questione di vita o di morte, che il fuoco della scrittura arde e mi consuma... ma non è vero. Molto più semplicemente mi piace inventare storie, dopodiché cerco di scriverle meglio che posso, tutto qui. Dimenticavo, mi diverto anche.
RispondiEliminaMàrquez scrive affinché i suoi amici lo amino di più... Sì, lui, per quello che mi riguarda spero di non ottenere il risultato opposto costringendo il prossimo a leggere i miei racconti. :-)