Benvenuti in Letteratura e dintorni!

Benvenuti in Letteratura e dintorni!

Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


Vuoi conoscere il gruppo Pennadoca? leggi qui oppure scrivi a uniaperta@hotmail.com

martedì 30 novembre 2010

Che ne dite di sorridere un po'? (suggerito da Barbara)

NON LEGGO, SCRIVO
Da "Non siamo più povera gente" di Cesare Marchi
Ed.  Rizzoli, pubblicato nel 1989

L'italiano legge poco, è una storia vecchia. In metà delle famiglie non entrano libri. Però l'italiano scrive molto. Ogni grande casa editrice riceve, in un anno, migliaia di dattiloscritti, inviati da impiegati, commercianti, casalinghe, pensionati, che hanno vegliato centinaia di notti per comporre il romanzo, il saggio, le liriche da cui si aspettano, se non la gloria, una notorietà a raggio intercomunale. Gente che sopporta il duro lavoro quotidiano, pensando che la sera potrà finalmente dedicarsi all'unica vocazione per la quale si sente nata: scrivere.

Nausea da biliardo, autocontemplazione scrittoria, rivincita intellettuale sul capoufficio ottuso? Chiamatela come volete, ognuno cova i suoi sogni nel cassetto. Conosco un bancario che la sera deterge lo spirito, lordo di numeri, con i lavacri della letteratura, la sua. Legge soltanto le cose che scrive lui: dal produttore al consumatore. Compone novelle aspettando che venga la sua ora, come venne per il Boccaccio, anche lui impiegato di banca, quella dei Bardi.
Per questi sconosciuti, gli editori hanno già pronta la risposta-tipo: «Egregio signore, abbiamo letto con vivo interesse il suo lavoro, purtroppo i nostri programmi sono già al completo e non siamo in grado di assumere nuovi impegni. Le restituiamo pertanto il dattiloscritto, augurandoLe che qualche altro editore possa prenderlo in considerazione». Questo è un tiro mancino fatto ai concorrenti, perché l'autore sconosciuto, forte di quel «vivo interesse» e «augurandoLe», spedirà il malloppo all'editore numero due, assieme a un'accompagnatoria in cui spiega che l'opera è già stata giudicata favorevolmente dall'editore numero uno, pertanto non si lasci sfuggire l'occasione, ecc. ecc.
A sua volta, l'editore numero due restituirà il manoscritto, allegando una lettera analoga a quella del numero uno, così il malloppo passerà all'editore numero tre, soggiornando presso ogni indirizzo dai sei agli otto mesi. C'è chi si accontenta di queste risposte e addirittura le mette in cornice; chi invece passa al contrattacco, accusando gli editori di restituire senza leggere. La prova? Alcune pagine interne appositamente incollate, rimaste incollate.
Un bel giorno lo sconosciuto decide di pubblicare  a sue spese. I pittori della domenica hanno, rispetto agli scrittori della domenica, un invidiabile vantaggio. Per comunicare col pubblico, gli basta esporre una tela in una mostra personale. La parola scritta no, ha bisogno d'un intermediario, lo stampatore, perché l'opera sia conosciuta. E allora si cercano quei piccolissimi editori che campano industrializzando il grido di dolore che si leva dai mille cassetti d'Italia. In America la chiamano vanity press. È naturale che costoro, sicuri dell'immancabile insuccesso del libro, chiedano all'autore un anticipo che ne copra le spese di stampa. L'altro paga, fiducioso, pensando che anche Kipling, Proust, Svevo e Moravia avevano pubblicato a loro spese. Ho sotto mano La mistificazione, un vecchio libro in cui Alcide Paolini e Carlo della Corte hanno raccolto decine di lettere e suppliche inviate dagli sconosciuti alle case editrici e alle redazioni dei giornali. L'autore d'una commedia, sconfitto a un concorso teatrale, scrive: «Col ricavato del premio mi proponevo di offrire una ventata di benessere a mia madre, a mia nonna. Avevo anche bisogno d'una operazione ortopedica. Invece niente, ho trascorso giorni d'inferno».
A me un autore ha inviato un manoscritto con la promessa di cedermi  il cinquanta per cento dei diritti d'autore (estero compreso) se gli procuravo un editore. Un altro ha mandato un romanzo di trecento cartelle, con l'elenco di dieci persone cui aveva precedentemente chiesto un giudizio, senza ottenere risposta. «Spero che lei sia più educato» concludeva la lettera. Capite il ricatto? Se non leggo quelle trecento cartelle, divento un villano.
C'è chi si rassegna alla malsorte e chi, davanti alle difficoltà, raddoppia la propria ostinazione, il sentirsi incompreso lo corazza d'un orgoglio sdegnoso che arriva alla provocazione. Una quindicina d'anni fa, un prefetto in pensione, sfidò Umberto Eco a un duello letterario, proponendo di pubblicare su un giornale otto pezzi suoi, otto di Eco, alternati, lasciando al pubblico il giudizio finale. Tra gli sconosciuti, la proporzione numerica è di dieci poeti contro un prosatore. Scrivere poesia pare che sia più facile, basta andare a capo ogni tanto.
Adesso non c'è neanche più l'obbligo della rima, pedantesca mania dello stupido Ottocento. I titoli tendono al genere liliale-ottomistico: «Petali al vento», «Sprazzi di luce serena», «Frignano i passeri». Le donne sposate si firmano con due cognomi, sperando che i posteri ne ricordino almeno uno.

4 commenti:

  1. Forse sono troppo sensibile (mah) però non trovo divertente questo brano. Mi sembra, anzi, piuttosto deprimente questa rincorsa alla pubblicazione solo per bisogno di apparire.
    Per fortuna non tutti si comportano così.

    RispondiElimina
  2. Io invece ho riso molto alla fine, pensando al titolo delle ipotetiche poesie... sto meditando di scrivere una mia versione di "Frignano i passeri", che ne dite?
    Scherzi a parte, c'è del vero: quello dello scrittore è prima di tutto un mestiere, che, come tutti i mestieri, richiede impegno e conoscenza della tecnica. Non mi stupisce che gli "scrittori della domenica" scrivano soprattutto poesie, perché, nell'opinione comune, la poesia è più facile e più veloce da scrivere, mentre per accingersi ad un romanzo, ci vuole un progetto ed un impegno costante.
    Forse l'ho già detto altrove, ma c'è un "demone della facilità" (titolo ben riuscito di un brano nella mia antologia scolastica) che prende le persone, specialmente quando si accingono a immaginare il mestiere di qualcun altro, della serie: "Ma che ci vuole a scrivere? Basta un po' di fantasia!".
    Conosco bene questo atteggiamento, perché per altri versi si rivolge anche contro gli insegnanti ("Ma perché mio figlio non impara? E' quell'insegnante che non spiega bene! Io saprei fare meglio").
    La triste verità è che ogni mestiere richiede tempo e fatica e anche, quanto meno, una certa predisposizione.

    RispondiElimina
  3. Stavo mettendo in ordine uno scatolone di vecchi libri quando mi è capitato "Non siamo più povera gente" tra le mani. Tra l'altro avevo pure dimenticato di averlo. Il brano in questione mi ha divertita perché un po' mi sono rivista, dandomi l'occasione di ridere anche di me stessa, che non guasta mai :-).

    RispondiElimina
  4. A me questo brano è piaciuto e mi ha fatto sorridere. Prima di tutto per l'innegabile ironia con cui l'autore dipinge queste situazioni che noi tutti conosciamo, un po' per averne lungamente discusso e un po' per esperienza personale (anche io, come Barbara, mi sono ritrovata in un paio di passaggi...).
    E poi perchè questa ironia è comunque venata di comprensione e simpatia, senza scivolare nel sarcasmo.
    L'autore, secondo me, non vuole prendere in giro nessuno, nè tanto meno mettere alla gogna questi "aspiranti autori". Vuole raccontarci una realtà, che a volte è sicuramente un po' ridicola. :)
    Al proposito ricordo di aver letto pagine analoghe (forse un po' meno ironiche e un po' più amare) ne "Il pendolo di Faucolt" di Umberto Eco. Come ricorderete anche qui si parla di una casa editrice a pagamento. E anche qui ne saltano fuori delle belle...
    Comunque, a questo punto, la sfida è lanciata. E tutti noi aspettiamo con ansia la versione di "Frignano i passeri" di Lorella! :D

    RispondiElimina