i racconti della domenica |
ChissĂ a cosa pensa! Vorrei chiederlo alla diretta interessata, ma tengo gli occhi ben chiusi, altrimenti mi ritrovo un’altra volta a bocca aperta e naso all’aria, completamente incapace di resistere a tanta bellezza. Devo dormire, ma non riesco proprio a prendere sonno. Una pecora, due pecore. Non funziona!
Non funziona quasi mai, ma uno alla fine si addormenta per noia dopo che la milionesima ha saltato la staccionata. C’è troppa quiete stanotte. Nessuna coppietta che bisbiglia e ride convinta di essere sola, nessun gruppetto di ragazzini sbronzi alle prese con il bicchiere della staffa, nemmeno il solito cretino con l’autoradio a palla. Proprio una seratina tranquilla. Ehi, un momento, chi ha spento la luce? Stavolta gli occhi li apro eccome e quello che vedo non mi piace per niente. Fulmino con lo sguardo la minacciosa nuvola nera che ha chiuso i battenti sul mio programma preferito: ci devi solo provare. Umh, sembra passeggera. Quasi socchiudo gli occhi, quando mi sento afferrare il braccio, anzi me lo sento proprio strattonare di brutto: questa volta Amilcare hai esagerato. Faccio per dirgli qualcosa, ma quella palla di pelo pare immobile sull’erba.
“Presto, andiamo, devi aiutarmi.”
“Ma cosa… E tu che diavolo sei?” Certo che lo so, è una ragazza, e forse anche un po’ matta. “Questa è la mia panchina” Ho capito, vuole fregarmi il posto la mocciosa.
“Dobbiamo fare presto, vuole uccidermi.”
Che ha detto? Mi siedo. Mi alzo frastornato. Sto sognando? Evviva ce l’ho fatta!
“Presto, sta arrivando.” Questa volta mi afferra la mano. Accidenti se è fredda! Quel contatto ha lo stesso effetto di una potente secchiata di acqua gelida in faccia, torno lucido e realizzo di essere sveglio. Anche Amilcare lo è, e con il suo solito passo zoppicante mi si affianca.
“Avanti” La ragazzina si fa impaziente e si allontana. Vorrei esserne contento, ma sento dei passi e quando guardo dritto davanti a me intravedo una figura indistinta muoversi nella nostra direzione. Sospiro, ma devo farlo: la seguo. Lo ammetto correre non è la mia specialitĂ , ma…mi ha preso sono stato afferrato, sto per gridare.
“Shhhhh” E’ la ragazza e oltre a questo mi mette una mano sulla bocca. Sembra seccata ma ancora di piĂą spaventata. Siamo dietro una delle tante colonne di marmo che circondano i giardini. Non male come nascondiglio, però sento di nuovo quei passi avvicinarsi e sono preso per il braccio, un’altra volta. E ancora di corsa. Quando ci fermiamo, questa volta siamo dietro alla fontana dei putti, quella dove Amilcare finisce sempre per farci il bagno, giĂ Amilcare dove si è cacciato! Non riesco a rispondermi che vengo tirato giĂą.
“Senti, ma chi ti vuole uccidere?” Mentre glielo chiedo striscio lentamente sull’erba per guardarmi intorno e lo vedo. Insomma vedo qualcuno, non troppo alto, che si avvicina, e mi sento all’improvviso afferrare alla caviglia. Ancora lei.
“E’ lui. Il conte.” Mentre parla con voce tremante, io gli do un’altra occhiata. Indossa una specie di lungo mantello. Visto così sembra una persona distinta. Insomma è pure conte.
Si ferma a un paio di passi da noi e la ragazza si rifugia dietro di me. Ho sempre desiderato essere un eroe, e poi questo conte non mi spaventa proprio. Decido di alzarmi, prima però prendo una gomma dalla tasca della camicia. Mi aiuta a rilassarmi, ma non fraintendete! La ragazza mi segue come un’ombra e poco dopo la famosa nuvola si scansa e riappare la luna.
“Uccidilo per me” dice una voce sensuale vicinissima al mio orecchio, dovrebbe in qualche modo eccitarmi invece provo quasi fastidio e giro la testa lentamente. Rabbrividisco un po’ alla vista dei suoi occhi azzurri quasi trasparenti, per non parlare delle occhiaie giallognole e il pallore del suo viso. No, quella ragazza non se la passa per niente bene. Proprio per niente. Si avvicina con la testa a me, cosa di cui non vedo la necessitĂ , poi apre la bocca, sento il suo alito gelido sul collo, mentre due lunghi canini si scagliano contro di me. Spero solo non sia doloroso. Invece finisco per terra, vivo o almeno credo. Amilcare le ha azzannato un polpaccio e lei per scansarlo mi ha lasciato andare. Mi ricordo del conte. Lo vedo afferrare un lungo paletto nascosto sotto il mantello. Al chiarore della luna sembra quasi bianco, ma ancora per poco. Lo pianta con forza al cuore della ragazza, lei si accascia a terra su se stessa contorcendosi, fino a restare immobile dentro una pozza scura.
Ho deglutito e inghiottito la gomma. L’uomo ha ripreso il paletto, steso dei giornali su quella cosa. Sembra stanco, ma è anche anziano, china il capo verso di me in cenno di saluto poi si allontana. Sono vivo, forse piĂą vecchio. Non mi guardo troppo in giro, cerco solo Amilcare, e lo trovo poco lontano da me. Lo prendo in braccio e mi incammino con lui.
In fondo perché dormire è tanto bello il cielo stellato.
Buona notte. Se potete…
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Elena Pedrosi
Questo racconto mi piace moltissimo. Complimenti per la tenuta della "suspence". Brava, Elena, non vedo l'ora di leggerne altri.
RispondiEliminaUn racconto emozionante e strano. L'ho letto due volte e non sono sicura di averlo capito bene.
RispondiEliminaPerò questa cosa invece di infastidirmi (come accade di solito) mi è piaciuta, perché mi ha portato in un mondo di fantasia in cui ci si può lasciare andare. Nonostante la velata minaccia conclusiva, credo che stanotte dormirò. Chissà , magari sognando Amilcare e il conte...
manuela