i racconti della domenica |
Si trattava solo di aprire le dita, mollare la presa, lasciarsi andare. Immaginò il tonfo del suo corpo, la sensazione di bagnato che penetrava i suoi vestiti, il sapore fangoso dell’acqua nella bocca.
Gli giunse alle orecchie il cinguettare fastidiosamente allegro di due giovani donne che passeggiavano sul ponte, custodendo i loro frivoli segreti dietro un delicato parasole.
Il fustagno liso dei pantaloni contro la pelle del polpaccio gli provocava una spiacevole sensazione.
L’odore del fieno, misto al sudore animale, si avvicinava alle sue spalle trascinato dai lenti colpi degli zoccoli sulla strada, che sembravano dare un ritmo alla sgangherata melodia prodotta dal costante scricchiolio delle ruote. Non si voltò.
La sua attenzione fu risvegliata da un fruscio tra le canne cresciute a ridosso di un pilastro del ponte. Certo un piccolo animale, nascosto, invisibile, ma vivo e presente. Fu improvvisamente consapevole di tutta la vita brulicante che non riusciva a vedere, dentro l’acqua tranquilla del fiume. Guizzare di pesci, occhieggiare di molluschi, scivolare sinuoso di serpenti acquatici tra i sassi levigati dall’eterno paziente scorrere delle acque.
Sentì quell’infinito movimento lungo tutto il suo corpo inerme e gonfio.
Si chiese se davvero fosse possibile sfuggire alla vita.
Va bene che si sia fatto una domanda, ma personalmente vorrei anche sapere la risposta!
RispondiEliminaNon saprei continuare questo che mi pare un bell'incipit perchè sono totalmente incapace di ambientare storie in periodi così lontani nel tempo, ma l'autrice forse potrebbe!
E' anche interessante l'uso di un quadro per impostare una storia. Purchè storia ci sia, conflitto e risoluzione del conflitto. Il fermo immagine l'ha già fatto il pittore.
Stella.
non sono sicura che questo periodo storico mi ispiri, ma ci posso riflettere su...
RispondiEliminaIo toglierei la frase finale. Quell'ultima riflessione, a mio parere, stona.
RispondiEliminaIl racconto già descrive il rapporto tra vita e morte, e mi piace l'idea di un ragionamento così profondo partendo da un'immagine molto semplice e serena.
Il racconto apre uno spiraglio inquietante di come la morte sia sempre presente anche in situazioni apparentemente tranquille. E, viceversa, la vita sia altrettanto presente.
Dunque, non c'è bisogno della frase finale che, a mio parere, appesantisce il testo e sembra voler suggerire al lettore cosa deve pensare.
Il lettore invece deve arrivarci da solo a riflettere sulla "commistione" di vita e morte.
E' un buon incipit e al tempo stesso potrebbe essere anche un buon finale, quindi una specie di cerchio che si chiude e che contiene la storia. Pertanto il racconto potrebbe essere sviluppato a ritroso, nel senso di narrare cosa ha portato l'uomo a pensare di compiere un gesto simile.
RispondiEliminaA me la frase finale piace perché racchiude il senso di tutto il racconto. Se svilupperai la storia mantenendo la terza persona, magari per la riflessione finale potresti usare la prima persona, quindi affidarla direttamente al protagonista.
Trovo che la forma sia molto curata e in un racconto, secondo me, non si può prescindere da ciò. Non voglio dire che sia tutto, ma sicuramente un buon 90% della riuscita di un testo.
Pur partendo da una immagine nella descrizione che fai c'è movimento, pertanto anche senza l'ausilio del quadro è chiaro che cosa vuoi dire.
Poiché il lettore dovrebbe essere attivo, gli possiamo anche lasciare qualche cosa da immaginare, senza spiegargli sempre tutto, l'importante è che alla fine tutto quadri e abbia un senso. A volte è proprio l'ambiguità, ciò che non si dice, a stimolare la partecipazione del lettore a una storia.