Visto che sulla comprensione del testo letterario sono riuscita a farvi accalorare e abbiamo tirato fuori un dibattito secondo me molto interessante, ci riprovo con un altro argomento, che prende spunto dal corso di poesia che alcuni di noi stanno seguendo:
qualche tempo fa a Miramare sono andata con Stella alla cerimonia, per così dire, di passaggio delle consegne tra Vinicio Vergoni e Guido Zangheri per la presidenza dell'Ostaria del Terzo, associazione culturale miramarese che organizza il noto premio di poesia.
In quell'occasione era presente anche Cristian Conti e Vergoni ci raccontò della disputa letteraria nata tra loro: in sintesi, Cristian sosteneva che l'essenza della poesia è la capacità di esprimersi attraverso una polisemia che la rende inevitabilmente incomprensibile ad una lettura semplice, mentre Vergoni parteggiava per la poesia narrativa, che racconta e "si capisce".
Personalmente propendo maggiormente per "l'ermetismo", per così dire, inteso non in senso storico, ma come concezione poetica. Mi sembra che la poesia narrativa sia meno consona ai nostri tempi, che non sono tempi da poema o da liriche lunghe. Mi piace molto leggere i poemi antichi e di tanto in tanto riprendo in mano con piacere l'Ariosto, ad esempio, però mi pare che un poema presupponga una visione del mondo onnicomprensiva e coerente che oggi non è più possibile. Di conseguenza la poesia non può essere altro che la rappresentazione di un frammento di realtà, come un pezzo di vetro che rifrange la luce e magari la scompone nei suoi vari colori (la polisemia del testo), ma non può dare la visione di tutto il bicchiere.
mmm...la poesia...
RispondiEliminaArgomento decisamente controverso. Personalmente raramente sono riuscita ad apprezzare a pieno una poesia alla prima lettura, anzi a volte ho avuto decisamente bisogno di una lettura di altre persone, quindi di un ascolto, per potere provare a comprendere. Poi io penso che in realtà la poesia, ancora più della narrativa, non abbia bisogno di comprensione, ma di sussulti emotivi, di evocazioni di immagini. A voi non vi è mai capitato di dire: non ho capito bene ma mi piace, mi piace il suono delle parole, le parole stesse come sono state scelte, quello che mi fa venire in mente che magari non ha attinenza con il testo che sto leggendo.
Trovo che "praticare" la poesia sia una necessità di cui ci si rende conto dopo che la si è frequentata. Non è un bisogno "indotto", bensì nascosto, seppellito da tutta la nostra quotidianità. Ma praticare poesia, e con questo intendo leggerne, ascoltarne, scriverne, parlarne, fa bene, è senza controindicazioni e di questi tempi trovo che sia una cosa SPETTACOLARE.
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RispondiEliminao personalmente credo che i due elementi fondamentali nella poesia siano il suono da un lato e la non-razionalità dall'altro, cioè la capacità delle parole di non fermarsi al loro significato contingente per suggerire significati altri. D'altra parte, il significato che noi diamo razionalmente a ciascuna parola è semplicemente l'hic et nunc di quel vocabolo, perchè probabilmente la maggior parte dei vocaboli è nata dai suoni che richiamavano un certo concetto (e quindi da onomatopee) e da contaminazioni di campi semantici (e quindi da sinestesie). La poesia serve a riappropriarci di tutto questo.
RispondiEliminaCITAZIONE
RispondiElimina"l'essenza della poesia è la capacità di esprimersi attraverso una polisemia che la rende inevitabilmente incomprensibile ad una lettura semplice"
CITAZIONE
"la poesia narrativa, che racconta e "si capisce"."
A mio avviso, ma per quello che è la mia esperienza, tutte queste affermazioni contengono qualche cosa di sbagliato:
La poesia non è "inevitabilmente" incomprensibile. Non è detto che lo debba essere necessariamente.
Ma non è nemmeno detto che "si capisce".
Non credo che si possa essere così schematici.
Di più, non credo che si possano mettere schemi proprio a cose come la poesia.
Quello che credo non debba mancarle è solo una cosa: la capacità di evocare dicendo o non dicendo, dicendo e non dicendo. Per farci vedere colori, ad occhi chiusi, che non avremmo mai creduto. Usando le parole come ali per i nostri pensieri e come invisibili strade per condurre le nostre sensazioni, i nostri sentimenti su percorsi "diversi".
Però succede anche che una poesia "difficile" che ti obbliga ad avere del tempo a disposizione per leggerla più volte o ad andare ad ascoltare qualcuno che questo fa di mestiere e ti da qualche utile chiave di lettura, diceco una poesia difficile smuova la pigrizia che è in ognuno di noi e ti faccia dire "oggi non ne ho voglia, ma non poteva essere più semplice!". Certo che poteva, sempre si può. E a volte io lascio perdere, la pigrizia è una mia grande amica! Ma quella volta che ci provo e ci riprovo a volte succede qualcosa di potente e la fatica non c'è più e la poesia diventa mia.
RispondiElimina(non succede spesso) Ma cosa è poesia? questo era un po' l'oggetto della discussione che ricordava Lorella. Vorrei a questo proposito ricordare il breve intervento fatto da Paolo Lagazzi a radio rai 3 alla trasmissione Fahrenait a proposito della poesia, mi pare che l'avessimo anche menzionata qui sul blog.
Mi rendo conto di essere stata schematica nella distinzione iniziale, ma solo per necessità di "spazio". Quello che intendevo dire è che esiste una distinzione tra poesia narrativa e poesia che definirei, per convenzione, espressiva (passatemi il termine). Anche se non si possono mettere vincoli all'espressione poetica, dal punto di vista della produzione concreta esiste una tendenza degli autori a collocarsi su uno o sull'altro versante, così come esiste una tendenza dei lettori a preferire l'uno o l'altro modo espressivo.
RispondiEliminaTanto per intenderci: se leggo in classe San Martino di Carducci, i ragazzi comprendono l'argomento e il tema senza grosse difficoltà e soprattutto hanno l'impressione di aver ascoltato una poesia "che si capisce". Molto più difficile è leggere in classe poesie contemporanee, dove, di solito, l'espressione di sentimenti, stati d'animo ecc. non si concretizza in immagini descrittive. La distinzione che io facevo (e che riportava un accenno di dibattito ascoltato in quella occasione) si riferiva a questo.