Benvenuti in Letteratura e dintorni!

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Università aperta Giulietta Masina e Federico Fellini ha sede a Rimini e si occupa da anni di educazione permamente per un pubblico vasto e variegato per età, inclinazioni e interessi. Questo blog è dedicato in particolare a tutti coloro che frequentano, hanno frequentato o vorrebbero frequentare i nostri corsi di scrittura ma anche a tutti coloro che amano leggere, scrivere, confrontarsi su argomenti letterari.


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martedì 7 settembre 2010

Lontano, immobile, immenso, il libro di Paolo Grossi

Un "vecchio" (di frequentazioni) corsista di Università Aperta, Paolo
Giuliano Grossi, ha recentemente pubblicato il suo primo libro, una sorta di
favola filosofica che si intitola "Lontano, immobile, immenso".
Da oggi il libro è disponibile alla libreria La Moderna di Rimini e tra
alcuni giorni si troverà anche nella libreria del porto, quella sotto il
tendone.
Tutte le notizie sul libro le trovate QUI


5 commenti:

  1. Credo di dover essere io a dire qualche cosa. Se non altro per senso di responsabilità nei confronti di qualcosa che ho creato e che ho poi buttato così, allo sbaraglio ed in solitudine.
    Infatti, non credo che sia facile immaginare che cosa ci sia dietro a quella sagoma di un gallo ed a quella immagine di alberi e, credo, tutto sommato non illumina più di tanto quella che viene chiamata la "quarta copertina" (l'ho imparato da poco)cioè la copertina a retro del libro. Così, cercando di dare una traccia di lettura, senza svelare troppo per non far perdere quel po' di gusto che ci potrebbe essere nello scoprire gradualmente le cose, cerco di dare al mio libro quel minimo di responsabile supporto che credo doveroso.

    Como ho già detto in un altra parte del blog questo mio lavoro ha avuto origine molti anni fa. Credo che sia una realtà comune a tutti quella di rendersi conto, ad un certo punto, che la nostra vita è qualche cosa che sfugge alla nostra comprensione. Forse questo accade quando alle domande che chi arriva pone a che già c'è (i piccoli ai grandi, i giovani agli adulti che sono esperti) ad un certo punto non vi sono risposte. Infatti mentre fino ad un certo punto alle domande vi sono rispose, più o meno rassicuranti, ad un certo punto le domande non hanno risposta. O, comunque, a ben pensarci le risposte che si ottengono mancano sempre di qualche cosa: obbiettività, completezza, coerenza.
    Per le domande più complesse, più profonde, poi, si fa ricorso ad una qualche cosa che rimanda ad altro, a qualcosa di più grande, di ignoto ed incommensurabile che proprio nella sua incommensurabiltà pone freno alle domande o, se vogliamo, alle risposte stesse.

    continua...

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  2. Caspita, Paolo, mi hai proprio incuriosito con questo tuo intervento...mi ero già riproposta di leggere il tuo libro e lo farò senz'altro, lo metto nella mia lista (perché, come ho detto alle amiche di Uniaperta, compro libri d'inverno e leggo d'estate, a causa del mio lavoro...). Ti faccio una confessione assolutamente inutile, ma che mi viene così: sai a cosa mi fa pensare la copertina del tuo libro? Alle Operette Morali di Leopardi, ma se dovessi spiegarti il perché, non ti saprei dire... (troppi puntini di sospensione, lo so, Stas mi sgriderebbe!)

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  3. Allora, la sospensione non è dovuta a chissà che cosa ma, molto più semplicemente, dal fatto che sono andato a fare la spesa.
    Tra l'altro, rileggendo il mio primo commento, giusto per ritrovare il filo del discorso, mi sono detto: ecco perché ci ho messo tanto a pubblicare il mio primo libro, ci sono un sacco di errori e ripetizioni!
    A parte gli scherzi, in parte è vero. So di gente che scrive di getto e si trova tra le mani qualcosa di già quasi pronto. Io no. Sono molto lento, individuo il concetto, l'idea, magari con una immagine o con una scena, la descrivo ci metto i contorni ecc. e poi la leggo, correggo, la leggo, aggiungo, correggo, tolgo. Ma non credo proprio di poter fare così per questi commenti. Certamente non posso pretendere che aspettiate, non so, venti giorni o un mese per avere il commento rifinito e pronto nel migliore dei modi...
    Dite di no?
    Cioè ...preferite una cosa chiara e ben fatta una volta per tutte, anzichè una così così...
    No in realtà non credevo...
    Pensavo che avreste preferito avere adesso...
    Comunque, se preferite così, ok.

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  4. Ma scherzo!
    In ogni caso mi scuso anticipatamente per le imprecisioni ed errori che troverete. Posto i miei commenti così, di getto, per cui potrebbero essere un po' imprecisi ed avere qualche erorre... erore... va beh, avete capito!

    Il mio racconto si apre con una parte, più metaforica, che fa da contorno, prima come prologo ed in coclusione come epilogo, a quella che è la storia centrale.
    Lo scopo del prologo ed epilogo, dove si muove il protagonista umano, è quello di collocare nel giusto contesto la storia centrale che è quella di Astorre, il giovane gallo che si trova a nascere nel pollaio governato da Re Gallo.
    Nel prologo pongo quello che è lo stato d'animo del protagonista umano, con la sua disillusione, con la sua (ancora pronta a ridestarsi) curiosità, con la sua voglia (sia pur tentennante) di provare ancora a capire e con i suoi dubbi e le sue poche certezze. Certezze che, forse, spesso gli servono solo a dare maggior forza proprio ai suoi dubbi.

    "Colle Querceto, sapevo, era una collina che, come dice il nome, era ricoperta da un folto bosco di querce. Dall’alto di quel colle per chi avesse buoni occhi, e soprattutto la voglia di guardarsi intorno, la veduta era molto bella. Si diceva anche che da lassù qualcuno, un tempo, avesse visto il mare. Erano, però, solo dei racconti perché nessuno più conosceva o ricordava di aver conosciuto qualcuno che, nonostante gli sforzi, fosse mai riuscito a vederlo chiaramente e con certezza.
    Dalla sua cima si potevano vedere alberi in tutte le direzioni ed a perdita d’occhio. Vi erano solo pochi spazi liberi, che erano occupati da bianche case rurali, dai cortili e dalle aie di queste.
    Osservando quelle case, vedendo come le loro aie ed i loro cortili occupassero esattamente gli spazi lasciati liberi dal bosco, poteva capitare di domandarsi se fossero state costruite dopo aver abbattuto una esatta quantità di bosco o se, invece, fossero state inserite esattamente laddove si fossero trovati degli spazi lasciati liberi dalle querce.
    Poteva, anche, capitare di chiedersi che senso avesse che delle case, così adatte al vivere civile, così diverso da quello del bosco selvatico, fossero nel suo bel mezzo. Ed ancora, se fossero le case a conferire al bosco un aspetto civile o il bosco a conferire alle case un aspetto selvatico. O se, invece, non fossero le case e le querce, insieme, a conferire al colle un aspetto non soltanto civile, non soltanto selvatico ma piuttosto un aspetto dato dall’unione, e soltanto dall’unione, di entrambe le cose.
    Poteva, infine, capitare di chiedersi se in realtà non vi fosse né un aspetto civile, né un aspetto selvatico, né un terzo aspetto dato dall’unione dei primi due ma, semplicemente, nessun aspetto."

    Questo è un brano del mio racconto: la vita ed il mondo che ci circonda ci sono stati disegnati addosso? Noi siamo estranei al mondo o il mondo, così apparentemente diverso da noi, è estraneo a noi? Siamo noi a dare il senso che crediamo al mondo o è il mondo a dare il suo senso a noi? Oppure il senso che ha è solo quello che vede noi ed il mondo uniti fino ad essere unici l'uno nell'altro?
    Oppure, ancora... e se non ci fosse proprio alcun senso?


    continua

    stavolta mio figlio esige il pc!

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  5. Le questioni che pongo credo che siano quelle alle quali ognuno ad un certo punto della vita si trova di fronte.
    E questo soprattutto accade quando si lascia la sicurezza della inconsapevolezza. Quella condizione per la quale le cose sono così perché sono così o perché, ancora, ad ogni nostra domanda c'è qualcuno che ci offre una risposta che accettiamo per buona o perché, infine, non ci siamo accorti che vi è sempre qualcosa che manca, qualche conto che non torna come dovrebbe.
    Credo che l'uscita dalla incosapevolezza sia un momento drammatico attraveso il quale ognuno si trova a passare.
    Ci si accorge della fragilità della nostra vita, ci si accorge che chi fino a poco prima ci ha dato rassicuranti risposte ora vacilla, tentenna, non è proprio certo (intendo certo certo) di quello che ci dice.
    Allora ci si ritrova soli, fragili, incerti dentro all'essere e divenire delle cose, sovrastante, incontrollabile, immane.
    Noi di fronte all'immenso, alla ricerca di un senso. Con il bisogno di un senso.

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