Un giorno, in questo acquario,
nacque un pesciolino con le squame blu. Blup, questo era il suo nome, era un pesciolino molto allegro e gentile e i suoi amici giocavano volentieri con lui. Nessuno pareva fare troppo caso al fatto che le sue squame fossero di un colore diverso.
Un pomeriggio, nel negozio di animali, arrivarono due signori molto eleganti ed impettiti. Lei aveva una collana di perle, un anello con una grossa pietra verde e un cappellino con un fiocco viola portato sulle ventitré. Lui invece aveva dei folti baffoni arricciati all’insù, una cravatta a pois e degli occhiali con la montatura dorata. Gironzolarono un po’ per il negozio e infine si fermarono davanti all’acquario dei pesci rossi.
“Oh, un pesce rosso con le squame blu!” disse la signora con la voce nasale molto impostata.
“E’ una vera rarità, contessa.” Le rispose il commesso fra mille inchini.
“Ebbene, lo vogliamo.” Disse il conte inarcando le sopracciglia.
Subito il commesso calò il retino nell’acquario e il povero Blup si ritrovò in un sacchetto di plastica trasparente, con acqua appena sufficiente a muovere le pinne.
Quando Blup arrivò a casa dei conti, trovò una sorpresa ad aspettarlo: un acquario enorme, grande come quello del negozio di animali, con le pareti di un tenue azzurro cosparse di bollicine d’aria come perle trasparenti. Sul fondo sassolini multicolori appoggiati su una sabbia così sottile da sembrare vera, e ciuffi di finte alghe di strisce di seta. Infine il relitto di un galeone in miniatura, con un forziere e tesori sommersi, e copie di antiche statue.
Blup si guardò intorno incantato e trepidante, aspettando di veder comparire gli altri pesciolini. Ma non arrivò nessuno, e lui non ci mise molto a capire che in quel posto, così vasto e lussuoso, era l’unico abitante.
All’inizio impiegò il tempo ad esplorare l’acquario: entrava ed usciva dal galeone, apriva e chiudeva i forzieri, si nascondeva fra le alghe per fare un pisolino. Ma presto anche questi passatempi gli vennero a noia: il posto era bello, sì, ma a cosa serviva se non c’era nessuno con cui condividerlo? Pensava con molta nostalgia ai suoi amici. Chissà quanto si stavano divertendo ora, a giocare tutti insieme!
La signora elegante, poi, dopo averlo acquistato, non lo aveva più degnato di uno sguardo. Passava accanto all’acquario con i suoi bei vestiti e la schiena dritta. A volte conversava al telefono, tenendo la sigaretta con la punta delle dita e chiamando tutti tesoro.
Blup aveva notato anche un gattone dal muso schiacciato e gli occhi d’ambra, i lunghissimi peli color cenere sempre perfettamente spazzolati.
All’inizio il pesciolino aveva avuto un po’ di timore: i gatti, lo sapeva anche lui, sono golosi di pesce. Ma poi aveva capito che il gattone, che aveva un nome complicatissimo con un sacco di consonanti, non era affatto interessato a lui in quel senso. Anzi, lo guardava con simpatia.
Così, un giorno che erano soli nella stanza, decise di rivolgergli la parola.
“Gattone! Ehm… Gattone. Ciao. Io mi chiamo Blup. E tu?”
“Io sono Schönkatz Ludwig von Weissenberg II. Ma puoi chiamarmi Gino, come fanno gli altri.”
“Gli altri chi, Gino? Io qui non ho mai visto nessun animale. Neppure un passerotto appoggiato sul davanzale della finestra.”
“Gli altri sono i miei amici. Quelli che vivono fuori di qui”
“Hai degli amici? Come sei fortunato. Io sono sempre solo. Ho tanta nostalgia del mio vecchio acquario. Lì era tutto gioco e allegria, mentre qui mi sembra di vivere in una prigione.”
“So come ti senti, piccolo pesce. Anche per me è stato così, ai primi tempi. Venivo da un allevamento di gatti persiani, siamesi e certosini. Fra noi cuccioli era tutto un giocare e miagolare. Quando sono arrivato qui ho trovato solo silenzio e la toilettatura due volte al giorno. All’inizio mi spazzolava la contessa, poi, una volta che ha trovato dei nodi in mezzo al pelo, ha delegato al maggiordomo. Lei non sopporta le imperfezioni.”
“E poi?”
“Poi, un giorno, mentre esploravo la soffitta per ingannare la noia, ho trovato un passaggio per i tetti. Stretto sai, poco più di un buco. Ma noi gatti siamo agili.”
“E perché non sei scappato?”
“E perché avrei dovuto farlo? Io entro ed esco quando mi pare, posso vedere i miei amici sia di giorno che di notte. Nessuno mi controlla e in più ho la ciotola sempre piena delle migliori leccornie. Devo solo stare attento a non sporcarmi troppo il pelo.”
“Già. Peccato che non esista un buco anche in questo acquario. Me ne andrei volentieri. Ma per non tornare mai più. L’unica cosa che farei, sarebbe cercare la strada per il mio vecchio acquario.”
Il gattone socchiuse gli occhi e con la zampina si strofinò il mento. Stava meditando sulle parole del pesciolino. Voleva aiutarlo con tutto il cuore, ma certo non poteva farlo uscire o portarlo sui tetti con sé. Fuori dall’acqua non poteva resistere. A meno che…
“Senti, piccolo pesce, ho un’idea. C’è un’unica cosa che la contessa odia più dell’imperfezione. Ed è la banalità. Se tu diventassi un normale pesce rosso, non le interesseresti più. Anzi, le faresti veramente orrore. E, se la conosco, credo proprio che direbbe al suo maggiordomo di riportarti da dove sei venuto.”
“Già. Ma io sono blu. Come faccio a diventare rosso?”
“Non lo so, piccolo pesce. Ma conosco qualcuno che lo può sapere.”
“Chi?”
“Stipula, il vecchio cane del notaio. Lui è molto istruito, ha letto un sacco di libri. Questa sera gli sottoporrò il nostro problema. Sono certo che saprà darci il consiglio giusto.”
Il pesciolino trascorse tutta la notte nuotando nervosamente per l’acquario. Chissà se il gattone poteva davvero farlo tornare a casa. Avrebbe dato qualsiasi cosa, per poter rivedere i suoi amici.
Il mattino dopo Gino balzò sul divano accanto all’acquario con aria soddisfatta. Si accoccolò su un cuscino damascato e iniziò a leccarsi la coda scrupolosamente.
“Allora? Allora? Hai qualche novità?”
“Ho ottime novità, piccolo pesce. Stipula ci ha dato un consiglio che vale patè di tonno. Li vedi quei pezzetti di plastica trasparente rossa? Sono carte di caramelle. Adesso io te le butto in acqua e tu ti ci avvolgi.”
“Ma non sembrerò mai un pesce rosso, addobbato in quel modo!”
“Se scorrazzi per l’acquario sicuramente no. Ma se ti nascondi in mezzo alle alghe, come se stessi dormendo, forse sì. Tanto la contessa non ti concederà più di uno sguardo. E per quanto riguarda il maggiordomo, quello è mezzo orbo. Stai tranquillo: è un buon piano e può funzionare.”
Blup fece come Gino gli aveva suggerito. Si avvolse le carte di caramelle intorno al corpicino e poi si nascose in mezzo alle alghe. Non passò molto tempo che la contessa, con il telefono in una mano e una minuscola tazzina di caffè nell’altra, si avvicinasse.
“Goffredo!” disse con la sua vocetta nasale “Ma hai visto questo pesce? E’ rosso. E’ un normale pesce rosso. Mio dio, tutto ciò è così terribilmente ordinario. Procurati immediatamente di riportarlo al negozio. E disinfetta l’acquario subito dopo.”
Il maggiordomo non se lo fece ripetere due volte: quell’acquario era così ingombrante, e così scomodo da spolverare. Prese il pesciolino con un mestolo e lo ripose con poco garbo in un sacchetto da congelatore. Blup rimase immobile, fingendosi ancora addormentato. L’unica cosa che voleva era che si sbrigassero e lo riportassero a casa.
Il commesso del negozio di animali guardò a lungo il sacchetto, dopo che il maggiordomo se ne fu uscito con aria sussiegosa. Un pesciolino avvolto nella carta di caramelle. Quella contessa era proprio strana. Forse non sarebbe stato un gran male, se non fosse tornata mai più a fare acquisti da loro. Poi vuotò il contenuto nell’acquario. Di recuperare le cartine si sarebbe occupato dopo.
Appena arrivò in acqua, Blup fece due giravolte per la contentezza. Poi nuotò in direzione degli amici, che stavano giocando tutti insieme con buffe evoluzioni. All’inizio gli amici non lo riconobbero e lo scrutarono con un po’ di diffidenza. Chi era quel pesce strano che sembrava così felice di vederli? Ma Blup si tolte gli strati di plastica di dosso e si mostrò nel suo bel colore blu. Allora non ci furono più misteri sulla sua identità. E mentre tutti lo sfioravano con le pinne in segno di benvenuto, lui raccontò cosa gli era accaduto.
“Sei stato fortunato a trovare un gattone così gentile. Se non fosse stato per lui, saresti ancora là dentro, ad annoiarti a morte.” Dissero gli amici.
“E’ vero.” Ammise Blup “Sono stato fortunato ad incontrarlo. Ma ancora più fortuna è avere degli amici fantastici come voi!”
E tutti insieme si misero a nuotare in cerchio, ridendo felici.
La tua favola è deliziosa, Francesca. Ma chi l'ha detto che le favole interessano soltanto ai bambini? A me piacciono ancora, anche se ormai sono una signorinella :-).
RispondiEliminaE' una bella storia, sono contenta che l'hai anche scritta oltre che raccontata ai tuoi figli.
RispondiEliminaHai mai pensato di scriverle tutte (perchè ce ne sono altre vero?) e fare un volumetto 1 per uso familiare? Titolo "le favole di mamma".
Stella